Una nuova definizione del maschile: avete mai pensato a Giuseppe di Nazareth?
Questo articolo è pubblicato sul numero 24-25 di Vanity Fair in edicola fino al 17 giugno 2025.
Con ogni probabilità, uscire dal patriarcato o, quantomeno, intravvedere una nuova definizione del maschile che non abbia più niente a che spartire col sangue, col possesso, la superiorità e il privilegio, è la vera rivoluzione che attende l’umanità. La letteratura in materia è scarsissima, i punti di riferimento minimi: il carpentiere Giuseppe di Nazareth e il principe Lev Nikolaevic Myskin. La strada è, dunque, tutt’altro che spianata.
Quanto al primo dei due esempi di maschio-non-patriarcale apro una parentesi per notare come al cuore della Rivelazione cristiana ci sia un caso di uomo, marito e padre, che non ha legami di sangue e di seme con sua moglie né con il figlio di lei. E che proprio per questo sviluppa la virilità più affascinante di tutto il Nuovo Testamento: quella della cura e del rispetto, del sogno e dell’azione, quella che preferisce osservare piuttosto che parlare, che lascia al piccolo la sua strada e alla moglie il suo mistero. Chiusa parentesi.
Due circostanze possono tirar fuori un maschio dalla sua condizione di privilegio: incrociare occhi talmente potenti, quelli di un amore vero, da convertirlo alla grandezza e alla dignità dell’altro, oppure intravvedere nell’abbandono del patriarcato una possibilità di vita nuova e inaudita. Una libertà.
Del primo caso, soggettivo e imponderabile, non può darsi teoria; il secondo contiene, invece, la domanda che dovremmo finalmente porci: dove sta la meraviglia per un uomo nell’abbandonare la garanzia del sangue, e quindi del possesso, con la superiorità che gliene deriva? Perché lasciare una condizione di privilegio che lo esonera da molte situazioni difficili e gli risparmia gran parte della fatica di vivere? Personalmente risponderei perché quella patriarcale è una prospettiva retrograda e senza fondamenta condivisibili, pericolosamente esposta al ridicolo e mortificante.
Arroccato nel suo privilegio e tutto teso a non esserne da meno, a quel maschio sarà precluso tutto quanto ha fatto della vita di Giuseppe di Nazareth una meraviglia: la libertà di non sapere e di non capire quanto (gli) accadeva, di osservare il figlio crescere e imparare insieme a lui, abbandonarsi a sonni profondi – stando ai Vangeli l’attività tipica di Giuseppe è sognare – e al risveglio cambiare idea e modificare i propri piani. La libertà di avventurarsi per sentieri non scritti.
Forte della (ridicola) convinzione di possedere affetti e persone, non avrà mai la libertà dell’eroe dell’Idiota di Dostoevskij di interrogarsi e chiamare le cose col proprio nome. Di dichiarare il proprio amore senza imporlo, di esserci per l’altro senza che questo gli dia diritto a una ricompensa.
Nel maschio patriarcale non può esserci spazio per la modestia, la sprezzatura (e quindi per la vera eleganza) e la sorpresa. Convinto che le cose gli spettino, non saprà mai cosa significhi essere scelto, proprio lui tra mille altri, e senza alcun merito. Il senso del privilegio gli impedirà di sperimentare la gratuità salvifica dell’Amore, che non ha ragioni oltre a sé stesso. Non saprà mai cosa significhi essere amato da qualcuno che potrebbe andarsene in ogni momento ma decide di restare. Ogni giorno per sempre, e liberamente. Né cosa significhi guardare una donna negli occhi, da pari a pari. Essere superato dalle risorse di lei, chiedere aiuto ai suoi sensi e aver bisogno del suo sguardo sulle cose, che è sempre altro rispetto a quello maschile.
Di fatto, l’uomo patriarcale rinuncia al rischio della vita, all’esposizione allo scacco, che però è l’unica possibilità per esistere realmente. Per vivere da vivi. Ostinatamente aggrappato alla sua (presunta) superiorità, non saprà mai cosa significhi l’autenticità, e non potrà mai permettere ai rapporti umani, famigliari e amicali, di rivelarlo a sé stesso. Di metterlo alle strette e rendersi conto di essere molto altro, e magari molto meglio, di quel che pensava. Che pena, un uomo così.
DON GIACOMO CARDINALI
Dal 2 aprile 2025 vice prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, dove lavora dal 2015. Ha al suo attivo numerose monografie, articoli scientifici e partecipazioni a congressi internazionali.
Per abbonarvi a Vanity Fair, cliccare qui.
Source link