Puglia

Un uomo speciale. In campo un leader

La rubrica ‘Biancorossi per sempre’ vuole dedicare il suo ventiduesimo appuntamento a un ‘galletto’ andato via troppo presto, ma che è rimasto indelebilmente nel cuore della tifoseria: Klas Ingesson. Un gigante buono, soprannominato così per la sua stazza (1 metro e 90 d’altezza, 86 chili) e umanità, proprio come Phil Masinga (a cui abbiamo dedicato il ventunesimo capitolo della rubrica). Forte e glaciale quanto il clima della sua nazione d’origine, la Svezia, alla quale era molto legato. Nato a Ödeshög il 20 agosto 1968, arrivò al Bari durante il mercato di riparazione dell’autunno del 1995, quando il ds Regalia lo fece acquistare dallo Sheffield Wednesday, club inglese di Premier League, per rinforzare fortemente il centrocampo biancorosso che stava affrontando la serie A 1995-96. Un mediano importante, pilastro della nazionale gialloblù scandinava (in totale 57 presenze e 13 gol dal 1989 al 1998), che per la sua grande grinta e determinazione, ci mise poco ad acquisire le simpatie della piazza barese.

Era un Bari mezzo biondo che parla un po’ svedese: in squadra c’era anche Kennet Andersson, attaccante giunto dal Caen. Nella sua prima stagione biancorossa, Ingesson collezionò 24 presenze e un gol segnato all’Inter nel 4-1 vincente, in un campionato concluso con la retrocessione in B. Ma la stagione successiva fu per lui la più prolifica e soddisfacente: timbra 38 presenze e sei gol, tra cui una strepitosa doppietta che stende il Lecce di Gianpiero Ventura nel derby di Puglia (2-1). E da quella famosa gara Klas diventò ‘re’ di Bari, un idolo incontrastato di una città che, anche grazie alle sue ottime prestazioni, tornò in serie A con mister Fascetti. Nel campionato seguente (1997-98), l’ultimo della sua esperienza barese, si ripeté nel derby contro i cugini salentini allenati da Prandelli: un suo rigore consente al Bari di espugnare lo stadio leccese.

Ma lo svedese, probabilmente, aveva un debole particolare per i derby, e nella gara di ritorno andò ancora in rete con un altro bel penalty, in una gara terminata 2-2. Il Lecce, dunque, diventò una delle sue migliori vittime. Ma, ironia della sorte, al Lecce passò nel 2001, per l’ultima stagione della sua carriera da calciatore. Indossò anche l’affascinante fascia di capitano, lui che con la maglia del Bari totalizzò uno score di 94 presenze e 11 gol in tre campionati (dal ’95 al ’98), prima di essere ceduto al Bologna. Ma nel 2008 il ‘gigante buono’ iniziò una lotta contro un brutto male, che purtroppo se lo portò via per sempre nel 2014, dopo una lunghissima battaglia affrontata con coraggio e determinazione, proprio come faceva in campo con la sua maglia biancorossa numero 8.

Un autentico guerriero, sul prato verde come nella vita. Gigi Garzya, ex compagno di squadra di Ingesson dal ’96 al ’98, ricorda così il centrocampista svedese: “Klas era davvero un gigante buono. Se non lo conoscevi, ti faceva un po’ paura perché aveva una grande stazza fisica, ma poi capivi subito che era un bonaccione. Inizialmente faceva fatica con la lingua italiana e parlava inglese, che quasi tutti noi non lo parlavamo, ma eravamo noi a essere in difetto (ride, ndr). Caratterialmente era molto riservato, chiuso, ma in campo si trasformava e diventava un vero leader, ti trascinava con una forza incredibile, e dava tutto. La prima cosa che mi viene in mente pensando a lui, è che era davvero una bravissima persona”. Le sue doti, la sua corsa felice con il braccio alzato dopo un gol e il suo amore per il Bari, lo hanno reso una persona speciale, in una città che non dimenticherà mai il suo eroe.




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