Un sistema di controllo partecipato rende migliori le aziende
In merito, è però necessario ricordare che il legislatore ha messo a disposizione uno strumento, il whistleblowing, che consente a chiunque di poter superare completamente quel senso di paurosa soggezione o, meglio, sudditanza, che, per tanti, ha costituito e continua a costituire l’alibi perfetto per non segnalare alcunché senza sentirsi, per come invece si è, correi o quanto meno compartecipi di nefandezze aziendali (o istituzionali).
Più l’azienda è sana, più è trasparente, più in essa vige il rispetto delle regole, più ciascuno è incentivato a partecipare alla costruzione della migliore organizzazione possibile e, nell’ambito di questa, del miglior sistema di controllo ricordando che, nella sua essenza, quest’ultimo è posto a difesa dei galantuomini e della azienda nella sua interezza.
Il whistleblowing, però, che pure – a mio avviso, con molta incoerenza – prevede anche il ricorso all’anonimato, non ha ancora attecchito nella cultura italiana, in cui il concetto, positivo, di “segnalazione”, si confonde ancora, e fortemente, con quello, negativissimo, di “delazione”: e, infatti, nelle aziende (soprattutto – purtroppo – se ad azionariato “pubblico”), vi è un continuo ricorso alle sempre verdi “segnalazioni anonime”, caratterizzate, sostanzialmente, dal loro contenuto sovente diffamatorio e di nessun ausilio per il miglior andamento aziendale (o istituzionale).
Questo (con le ovvie, rarissime, eccezioni che pure possono esserci) è un vero “guasto” del sistema: bisogna sfatare l’alibi della “paura” e ricordare, senza giri di parole, che, solitamente, l’anonimo non ha alcuna etica, né persegue alcun ideale, ma, anzi, si caratterizza come persona altamente pericolosa, con una carica di distruttività e di malvagità comportamentale che la relegano, quasi sempre, ai margini dell’organizzazione della quale fa parte.
Tra l’altro, se, nelle aziende come nelle altre organizzazioni, si consente che l’anonimato proceda impunemente, non si incentiva minimamente lo svilupparsi della cultura della trasparenza che, viceversa, avrebbe certamente la capacità di prevalere sulla opacità e sul dileggio.
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