Piemonte

un racconto di lentezza, fiducia e comunità – Torino Oggi


Ci sono gesti che non fanno rumore, e proprio per questo cambiano le cose.

A Cuneo, nei giorni della Fiera del Marrone, ne abbiamo compiuto uno: venti biciclette vintage, colorate, leggere, con il cestino di vimini davanti, sono comparse davanti alle botteghe e alle osterie del centro.
Non per fare scena. Ma per fare pensiero.
Non per aggiungere velocità, ma per restituire lentezza.

Slow Moeves e Slow Food hanno scelto di incontrarsi così, con un progetto che è insieme simbolico e reale: un piccolo atto di fiducia nella città.
Abbiamo voluto ricordare che la mobilità non è solo questione di spostamenti, ma di appartenenza.
Che una bicicletta, se la guardi bene, è un gesto culturale.
È una dichiarazione d’amore per il luogo che attraversa.

Ogni città ha il suo ritmo, e Cuneo non è fatta per essere attraversata di corsa.
È una città che si svela solo a chi rallenta, a chi si ferma a guardare.
E in questo gesto semplice — pedalare piano, scegliere la strada lunga, alzare lo sguardo — c’è forse la chiave di un nuovo modo di vivere i nostri spazi.
Perché la lentezza non è una rinuncia, ma una forma di intelligenza collettiva.

La rete di esercenti che hanno accolto le biciclette non è solo logistica: è un piccolo patto di comunità.
Ognuno di loro si prende cura di una bici, come ci si prende cura di un’idea.
E quell’idea è che la città possa essere più gentile, più umana, più viva.

Sappiamo bene – spiega Mauro Paoletti – Amministratore Delegato, Moeves – che i temi della mobilità sono vasti, complessi, e che l’integrazione con il trasporto pubblico richiede visione, infrastrutture, pianificazione.
Questa iniziativa non ha la pretesa di cambiare tutto, né di riscrivere le regole del muoversi.
È solo una goccia nel mare.
Ma anche una goccia, quando cade nel punto giusto, può accendere un’idea, creare un’opportunità, smuovere un pensiero.
E se quel pensiero diventa condiviso — se tante persone, insieme, iniziano a guardare la città con occhi diversi — allora qualcosa comincia davvero a cambiare.

Abbiamo chiamato questo progetto una provocazione gentile, ma in fondo è solo un invito: a cambiare passo, a credere che anche nel muoversi piano ci sia una forma di progresso.
Perché, come accade con le cose vere, non serve gridarle.

Basta farle accadere.

C.S.




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