Lazio

un passo importante – Il Tempo


La riforma costituzionale dell’ordinamento giudiziario che – tra le altre cose – introduce la separazione delle carriere dei magistrati è stata approvata in seconda lettura dal Senato: ora mancano ancora due passaggi parlamentari e, soprattutto, il già annunciato referendum confermativo perché il progetto al centro del programma del centrodestra fin dall’epoca di Silvio Berlusconi, che in molti oggi indicano come il “padre politico” di questa svolta, diventi effettivamente legge.  Il cuore della riforma consiste nella separazione netta tra i magistrati che giudicano (giudicanti) e quelli che accusano (requirenti), due figure che finora, pur con ruoli diversi, appartenevano alla stessa carriera e potevano transitare da una funzione all’altra nel corso della vita professionale. La novità più rilevante è l’istituzione di due Consigli Superiori della Magistratura separati: uno per i giudicanti e uno per i requirenti. Entrambi saranno presieduti dal Presidente della Repubblica e composti in parte da sorteggi tra magistrati e in parte da esperti selezionati dal Parlamento. L’obiettivo, secondo i promotori, è ridurre l’influenza delle correnti e migliorare la trasparenza nell’autogoverno della magistratura. La riforma introduce inoltre una nuova Alta Corte disciplinare, autonoma rispetto ai Csm, che giudicherà sui comportamenti dei magistrati, sempre divisi tra giudicanti e requirenti.

 

 

Per il ministro della Giustizia Carlo Nordio, la riforma rappresenta il compimento di una battaglia personale: “Da magistrato ci credevo fermamente. È un passo molto importante verso l’indipendenza della magistratura da se stessa, dalle sue correnti”. La premier Giorgia Meloni ha esultato parlando di “un sistema giudiziario più efficiente, equo e trasparente”, mentre Forza Italia ha dedicato la riforma alla memoria di Silvio Berlusconi, che aveva fatto della separazione delle carriere uno dei capisaldi del suo programma riformatore. “Da lassù osserva e approva”, ha detto il senatore Zanettin. Anche Carlo Calenda, pur dall’opposizione, ha annunciato il voto favorevole di Azione: “Questa riforma serve, anche se non è perfetta. Il sistema Palamara ha mostrato quanto sia necessario un cambiamento”.

 

 

Durissime invece le opposizioni più a sinistra e l’Associazione nazionale magistrati (Anm). Secondo l’Anm, il testo “toglie garanzie ai cittadini”, indebolisce l’indipendenza della magistratura e non prevede risorse per rendere efficiente la giustizia. “Una magistratura addomesticata e subalterna”, si legge nel comunicato dell’Anm, che annuncia battaglia fino al referendum. Peppe De Cristofaro (Avs) parla senza mezzi termini di “vendetta contro le toghe rosse”, di una “riforma bandiera” della destra berlusconiana che “mina il pluralismo” e porta verso “una torsione illiberale del sistema”. Il Csm, sdoppiato e ridimensionato, verrebbe indebolito anche nel suo ruolo di controllo interno, mentre il pm — accusa — diventerebbe “un super poliziotto più forte del giudice”. Matteo Renzi, pur favorevole in linea teorica alla separazione delle carriere, ha denunciato il metodo: “Una riforma imposta, senza confronto parlamentare, scritta da magistrati del ministero. È un precedente grave”. La riforma, trattandosi di modifica costituzionale, dovrà ora superare un eventuale referendum confermativo. Nordio ha già dichiarato di auspicarlo: “È una materia così delicata che va sottoposta al giudizio degli italiani”.


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