Un mercato che cambia pelle e guarda a vendite più sostenibili
L’arte non si esaurisce nei grafici di mercato. Non coincide con le oscillazioni percentuali o con i record che si infrangono in sala d’aste. L’arte sopravvive ai cicli economici perché appartiene a una dimensione più ampia: quella della cultura, della memoria collettiva e delle esperienze condivise. Proprio per questo il raffreddamento che oggi attraversa il mercato non va letto come un declino irreversibile, ma come un passaggio di fase.
Il Mid-Year Intelligence Report 2025 di Artnet registra un calo dell’8,8% nelle vendite di fine art all’asta nella prima metà dell’anno, con il prezzo medio per lotto sceso del 6,5%, al livello più basso dell’ultimo decennio. Drammatico il crollo delle transazioni sopra i dieci milioni di dollari: –43,4%, con soli 27 lotti venduti, un minimo storico. È l’epilogo di una stagione in cui il segmento ultra-contemporary era esploso, oggi ridimensionato del 31,3%.
Non si tratta di un episodio isolato. Già il Global Art Market Report 2025 di Art Basel e Ubs aveva evidenziato un raffreddamento strutturale del top end: le opere sopra i dieci milioni erano diminuite del 39% nel 2024, dopo un –27% nel 2023. Eppure, mentre i riflettori illuminano il crollo delle vendite stellari, altrove si accendono nuove dinamiche: secondo «The Art Newspaper», le vendite di opere sotto i 50mila dollari sono cresciute del 20%. I collezionisti non hanno abbandonato il campo; hanno semplicemente scelto un terreno più sostenibile.
Il mercato, dunque, non è in agonia: sta cambiando pelle. I primi a ritirarsi sono gli speculatori, bruciati da un modello che trasformava giovani artisti in asset a rapido consumo. In controtendenza, crescono segmenti più solidi: Old Masters (+24,4%) e fascia $1–10 milioni (+13,8%), che oggi sembra diventare il nuovo baricentro. Non la fine del mercato, ma la fine di un ciclo euforico.
Robert Jensen lo aveva intuito (2023, «Journal of Cultural Economics»): il mercato dell’arte attraversa cicli di espansione, contrazione e riallineamento. Ma ciò che rende unico il passaggio attuale è la finanziarizzazione estrema. Non sorprende che il «Financial Times» abbia segnalato le prime margin calls sui prestiti garantiti da opere: quando i valori scendono, il collaterale vacilla, e l’arte rivela quanto sia stata trattata come un titolo azionario.
Source link