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Ucraina, ecco i punti del “piano di pace definitivo” americano che Zelensky ha respinto

Dall’annessione definitiva della Crimea al controllo de facto dei territori conquistati dalla Russia, fino al nuovo status della centrale nucleare di Zaporizhzhia. Sono questi, ma non solo, i punti dell’accordo che gli Stati Uniti volevano portare sul tavolo delle trattative a Londra prima che le indiscrezioni di stampa facessero irrigidire le posizioni, soprattutto quella di Kiev, portando di fatto all’annullamento del vertice che doveva rappresentare una deadline per Volodymyr Zelensky, dato che gli Usa avevano già fatto capire di pretendere una risposta positiva nel brevissimo termine.

Al primo punto del documento stringato e schematico stilato da Washington c’è, come detto, il futuro della Penisola di Crimea. Saldamente sotto il controllo della Federazione ormai dal 2014, la regione secondo gli States rappresenta la prima concessione alla quale Kiev deve sottostare. Il principio lo ha enunciato JD Vance: “Sia Russia sia Ucraina dovranno cedere territori”.

Le concessioni più importanti, però, spettano al Paese di Zelensky. E questo emerge anche da un altro punto del programma, non ancora reso pubblico ma pubblicato da Axios: il riconoscimento “non ufficiale” del controllo russo sui territori occupati. Quali saranno le aree di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia che rimarranno sotto il controllo russo non è ancora chiaro, ma difficilmente si arriverà a un dietrofront massiccio delle truppe di Mosca in territorio ucraino. Questo vorrebbe dire che le terre in questione rimarrebbero formalmente parte dell’Ucraina, ma verrebbe riconosciuta al loro interno la presenza stabile e il controllo da parte delle istituzioni russe.

Un punto ad hoc è dedicato invece alla situazione di Kharkiv che non è tra le regioni sulle quali la Russia ha rivendicato l’autorità, in quanto “parte integrante della Russia“. Anche qui, però, è diffusa la presenza russa in diverse aree ed è per questo che Washington ha pensato che anche in questa regione dovrebbe avvenire una divisione del controllo territoriale, con l’Ucraina che otterrebbe una piccola porzione.

C’è poi da affrontare la situazione della centrale nucleare di Zaporizhzhia, in mano all’esercito russo fin dall’inizio del conflitto e fondamentale fonte energetica per il Paese di Zelensky. La struttura strategica rimarrebbe in territorio ucraino, secondo la proposta degli Usa, ma verrebbe gestita proprio da Washington, come se fosse una zona franca tra i due Paesi, e fornirebbe energia elettrica sia all’Ucraina sia alla Russia. E sempre gli Stati Uniti, secondo la proposta, revocherebbero tutte le sanzioni imposte a Mosca dal 2014 in poi.

C’è poi il punto sul quale, in cambio di garanzie di sicurezza, anche Zelensky sembra essersi rassegnato: l’entrata nella Nato. Come ripetuto più volte sia dal presidente americano che dal Cremlino, “l’entrata dell’Ucraina nella Nato è fuori discussione”. Anche perché renderebbe concreti i timori che, a detta di Mosca, hanno portato alla decisione di invadere l’Ucraina.

Infine c’è il punto che più di tutti interessa a Donald Trump e che sembra motivare il suo impegno nella risoluzione rapida del conflitto: l’accordo sui minerali strategici ucraini. Sembrava cosa fatta prima dello scontro tra Zelensky e il tycoon alla Casa Bianca di inizio marzo. Ma il presidente americano non ha alcuna intenzione di mollare la presa.


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