Tutti pazzi per il retro-futurismo: cos’è e come lo si cavalca
Una volta c’erano i garage. Luoghi impregnati di olio e benzina, motori, calendari e mani sporche. Poi sono arrivati i garage dove nascevano le startup (ricordate quello di Steave Jobs). Oggi capita sempre che sia lì il punto di partenza per ripensare il mondo. Succede a Milano, al numero 10 di Corso Como, una volta anch’esso garage, oggi epicentro di idee e visioni, dove IED, l’Istituto Europeo di Design, accende i riflettori su una creatività che guarda al futuro, senza dimenticare le proprie radici.
Creatività come motore del cambiamento
La chiave sta nella «creatività retro-futurista» che assume un valore politico: è la capacità di vedere nel passato un seme per costruire un domani più giusto, più etico e – sì – anche più bello. Con questo spirito IED Milano ha chiamato quattro voci che provengono da mondi solo in apparenza distanti – gioielleria, editoria, arte e ristorazione – ma che condividono un’identica visione: innovare significa saper immaginare, reinterpretare, rompere gli schemi.
È un cambiamento che passa da Caiazzo, piccolo comune in provincia di Caserta, dove Franco Pepe ha trasformato un piatto popolare come la pizza in un manifesto di innovazione gastronomica e sostenibilità, con il suo ristorante Pepe in Grani. Con lui, a 10 di Corso Como, c’è anche Mariasole Ferragamo, designer e fondatrice di So-Le Studio, che esplora la bellezza del recupero, dando nuova forma agli scarti della moda attraverso accessori e gioielli che raccontano un’estetica etica e circolare.
C’è Danielle Kwateng, direttrice di Teen Vogue, voce autorevole nel dibattito su inclusività e diversità nel mondo della moda e dei media, mentre Anna Scalfi Egonther, artista e sociologa, invita a ripensare le norme sociali attraverso un lavoro che unisce ricerca e provocazione poetica.
A guidare la conversazione il direttore di IED Milano Danilo Venturi, che ha orchestrato l’incontro. Il risultato è un confronto in cui l’obiettivo è quello di far emergere con chiarezza che la creatività non è solo sinonimo di intuizione e visione (per altro verissimo), ma anche di responsabilità. È la volontà di riparare ciò che non funziona più. È prendersi cura delle ferite del pianeta, dell’economia, delle relazioni umane. È, in fondo, un modo per riscrivere il futuro partendo da ciò che abbiamo già – ma con occhi nuovi.
Cinque suggestioni sulla creatività retro-futuristica
È il Direttore IED Milano, Danilo Venturi a presentare cinque suggestioni su che cosa voglia dire la creatività retrofuturistica e quale possa essere il suo valore.
1. Lo smartphone come oggetto tecno-primitivo
«L’uso che facciamo del nostro cellulare – probabilmente l’oggetto che ci porteremmo davvero
ovunque, anche nello spazio, se potessimo scegliere un solo oggetto – è retro-futuristico. Ci
proietta in mondi altri, verso funzioni sofisticate, ma lo fa attraverso un gesto del tutto primitivo: il
movimento del dito. Qui il retro-futurismo emerge dunque nel paradosso tra interfacce sofisticate
e gestualità istintiva, dove il design lavora sul “non far percepire” la tecnologia, rendendola
invisibile e naturale. Da qui una considerazione consequenziale: il cellulare è anche tecno
primitivo».
2. Comunicazione arcaica ma iperconnessa
«La seconda, che si collega a quanto sopra – dunque al tecno-primitivo – riguarda i media e la
comunicazione. Se ci pensiamo bene, la società di oggi sta tornando a una trasmissione della
conoscenza e delle informazioni in via orale e geroglifica, ma su una base tecnologica: un ritorno
al passato arcaico in versione iperconnessa. Pensiamo a come comunichiamo rapidamente e
quotidianamente tutti: vocali, emoji, meme attraverso sistemi di messagistica e social. Prima della massificazione di Whatsapp avremmo almeno scritto, seppur male, un messaggio, che prima ancora sarebbe stata una email, a sua volta evoluzione retro-futuristica di una lettera. Il rischio di questa trasmissione è evidente, soprattutto considerando che conserviamo le nostre informazioni per lo più in cloud: in caso di evento davvero estremo e distruttivo, se arrivassero dopo a visitarci ad esempio gli alieni, troverebbero i cellulari intatti e le borse di Louis Vuitton, ma nessun contenuto: il cloud verrebbe giù. Quindi, parliamo di un retro-futurismo fragile».
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