Tunisia, la svolta autoritaria di Saied avvicina Cina e Russia
Il quarto anniversario della stretta autoritaria voluta dal Presidente tunisino Kais Saied è stata segnato da proteste e dimostrazioni, relativamente contenute. A Tunisi centinaia di persone, come ricordato dal Al Jazeera, hanno chiesto la liberazione dei molti prigionieri politici, tra cui ci sono attivisti, giornalisti, avvocati ed esponenti dell’opposizione, rinchiusi nelle carceri del Paese per la violazione delle leggi anti-cospirazione ed anti-terrorismo. Il 25 luglio del 2021 Saied, eletto alle elezioni presidenziali svoltesi alcuni mesi prima, ha sciolto il Parlamento, costretto il primo ministro alle dimissioni ed iniziato a governare per decreto ponendo fine, di fatto, al primo esperimento democratico nato in seguito ai moti della Primavera Araba del 2011. La democrazia tunisina, criticata da alcuni per aver dato vita ad una fase di instabilità politica e di crisi economica, era comunque stata caratterizzata dal pluralismo politico e da un miglioramento nella tutela dei diritti umani rispetto alla lunga dittatura guidata dall’ex Capo di Stato Ben Alì.
La Tunisia ricopre una posizione strategica nello scacchiere mediterraneo e la svolta autoritaria di Saied ha, in un certo senso, semplificato il quadro politico nazionale ed anche l’interlocuzione con le grandi potenze regionali e mondiali. La Cina ha tratto vantaggio dalla situazione e, come altrove in Africa, ha potenziato le relazioni bilaterali con Tunisi siglando un accordo di partnership strategica nel maggio 2024 mentre la nazione nordafricana aveva già aderito, nel 2018, all’iniziativa commerciale della Nuova Via della Seta voluto da Pechino. Il commercio bilaterale ha registrato, malgrado le difficoltà legate alla distanza geografica, una crescita significativa nel 2023 mentre nel 2024 ha fatto segnare un +8 per cento rispetto all’anno precedente. Le aziende cinesi hanno investito in settori strategici dell’economia tunisina, come quello minerario, hanno fornito alle controparti locali prodotti di tecnologia avanzata. Pechino sfrutta l’intensificarsi delle relazioni commerciali ed economiche per rafforzare, in maniera progressiva ma decisa, la propria presenza nelle nazioni amiche a discapito di quella delle altre grandi potenze preferendo il peso dell’economia a quello dell’espansione tramite la forza.
Paolo Lolli, sul portale Difesa Online, considera in ogni caso la presenza cinese in Tunisia come meno minacciosa per gli interessi occidentali rispetto a quella della Russia. L’export commerciale di Mosca in Tunisia è cresciuto esponenzialmente in pochi anni passando dai 462 milioni di dollari del 2018 ai 2.12 miliardi di dollari del 2023. La Russia fornisce alla Tunisia prodotti essenziali come il grano, l’orzo e l’olio di girasole la cui vendita nella nazione nordafricana è cresciuta del 30 per cento nel 2024. La fornitura di armi proveniente dalla Russia ha, invece, subito un rallentamento in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina ed all’impegno militare di Mosca. Il conflitto con Kiev ha assorbito le attenzioni di Mosca e limitato la capacità di espansione della sfera d’influenza in Africa, tranne alcune eccezioni come quelle dell’area del Sahel. La Russia, che come ricorda Lolli ha una presenza radicata nella Libia Orientale, può comunque ostacolare in maniera significativa la presenza occidentale in Tunisia nel prossimo futuro.
Gli interessi strategici dell’Unione Europea in Tunisia sono legati alla limitazione dei flussi migratori provenienti dalla nazione nordafricana e diretti verso il Vecchio Continente, in primis l’Italia, l’approvvigionamento di risorse come gas e petrolio e la stabilità del quadro strategico mediterraneo. Le relazioni, tradizionalmente cordiali tra le parti, hanno subito uno scossone in seguito alla svolta autoritaria di Saied ed al congelamento della democrazia tunisina. Bruxelles ha evitato, da allora, di immischiarsi negli affari interni della Tunisia per non entrare in conflitto con la retorica nazionalista di Saied ed evitare frizioni. Lo stato di crisi dell’economia tunisina, che ha sfiorato il default, gli interessi di sicurezza dell’Europa e la vicinanza geografica impongono ad entrambe le parti di preservare buone relazioni bilaterali ma è inevitabile che Bruxelles, che fa della promozione della democrazia e della tutela dei diritti umani uno dei cardini della sua politica estera, non veda di buon occhio la svolta autoritaria di Saied ed abbia deciso di evitare troppe critiche per meri interessi strategici. Resta il fatto che tanto la Cina quanto la Russia possano, invece, permettersi ogni interferenza nella democraticità del sistema politico tunisino rendendo più semplice l’interlocuzione politica e tentando di erodere le posizioni occidentali.
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