Tumore del pancreas, svolta nel trattamento chemioterapico grazie ai risultati di uno studio tutto italiano
I risultati del Progetto Cassandra – uno studio clinico ideato e coordinato dal professor Michele Reni, primario di Oncologia e direttore del **Pancreas Center **dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano – segna un punto di svolta nel trattamento del tumore del pancreas. Lo studio, presentato in questi giorni a Chicago durante il Congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology, è stato condotto su 260 pazienti in 17 centri italiani ed è stato interamente finanziato da associazioni di pazienti, un fatto straordinario che sottolinea il valore della ricerca indipendente e della collaborazione tra scienza e società civile.
«Lo studio Cassandra nasce dalla necessità di migliorare la prognosi dei pazienti senza peggiorare la loro qualità di vita rispetto all’attuale standard», afferma il professor Michele Reni e aggiunge: «Siamo di fronte a un passo storico nella lotta contro il tumore al pancreas per l’entità della differenza osservata rispetto a quello che, fino ad oggi, veniva considerato da molti lo schema terapeutico più efficace in questa malattia».
Progetto Cassandra, che cosa è emerso di altamente significativo
Il Progetto Cassandra ha dimostrato la superiorità del trattamento chemioterapico PAXG, sviluppato al San Raffaele, rispetto allo standard internazionale mFOLFIRINOX, quando somministrato prima dell’intervento chirurgico nei pazienti con adenocarcinoma duttale del pancreas non metastatico.
Lo studio, nato con l’obbiettivo di migliorare i risultati terapeutici nei pazienti candidati all’asportazione chirurgica di un adenocarcinoma duttale del pancreas, ha confrontato nello specifico l’efficacia dei due schemi chemioterapici somministrati prima dell’intervento. I dati ottenuti hanno mostrato che i pazienti trattati con PAXG – una nuova combinazione di farmaci chemioterapici creata al San Raffaele nel 2012 e autorizzata da AIFA nel gennaio 2020 per l’uso nei pazienti con tumore del pancreas metastatico o avanzato – hanno registrato una sopravvivenza – libera da eventi sfavorevoli – superiore rispetto a quelli sottoposti a mFOLFIRINOX, la terapia adottata secondo gli standard internazionali.
«Questi risultati mostrano come strategie terapeutiche innovative possano migliorare concretamente la prospettiva di vita dei pazienti, aprendo la strada a un possibile aggiornamento delle linee guida per il trattamento di questa neoplasia», afferma il professor Massimo Falconi, primario dell’Unità di Chirurgia del Pancreas, direttore del Pancreas Translational & Clinical Research Center dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, Ordinario di Chirurgia all’Università Vita-Salute San Raffaele e co-responsabile scientifico dello studio.
Adenocarcinoma duttale pancreatico (PDAC), il tumore maligno del pancreas più comune
L’adenocarcinoma duttale (PDAC) è il tipo più comune di tumore maligno del pancreas e rappresenta il 95% di tutte le neoplasie pancreatiche maligne. Ogni anno costituisce circa il 3% dei nuovi casi di cancro, è la terza principale causa di morte oncologica e presenta il peggior tasso di sopravvivenza a 5 anni tra i tumori solidi.
La malattia ha origine dalle cellule esocrine della ghiandola pancreatica, responsabili della produzione degli enzimi digestivi, che crescono in modo incontrollato diffondendosi rapidamente ad altri organi formando metastasi. Viene spesso diagnosticata in fase avanzata e solo il 10-20% dei pazienti può essere sottoposto alla chirurgia. Tuttavia, in oltre il 90% dei pazienti con malattia apparentemente localizzata al pancreas, sono presenti metastasi microscopiche, non documentabili con gli strumenti diagnostici esistenti. Da questo la necessità di intervenire attraverso la chemioterapia peri-operatoria che permette di ottenere più spesso la guarigione e di prolungare la vita dei pazienti rispetto alla chemioterapia post-operatoria, il cui impiego è tra l’altro ostacolato dal lento e difficile recupero delle condizioni cliniche dopo un intervento molto impegnativo.
Il ruolo fondamentale delle associazioni dei pazienti
La forte peculiarità del Progetto Cassandra è che si tratta di uno studio interamente finanziato da 5 associazioni di pazienti: My Everest, Codice Viola, Associazione per la vita, Natalucci e Oltre la Ricerca, a dimostrazione del ruolo cruciale che queste realtà, e gli stessi cittadini, possono avere nel progresso della ricerca scientifica.
«Senza il loro supporto, questo studio non sarebbe stato possibile», sottolinea il professor Reni. «Siamo profondamente grati alle associazioni di pazienti che hanno creduto nelle nostre idee permettendoci di portare avanti questo lavoro. Il loro impegno e la loro fiducia sono stati un viatico determinante per compiere un passo avanti nella cura del tumore al pancreas, una patologia per la quale servono ancora molte risposte. Questo studio dimostra che la ricerca indipendente, sostenuta dalla collettività, può davvero fare la differenza».
Le prospettive future
I dati presentati aprono nuove prospettive nel trattamento del tumore al pancreas, ponendo le basi per un possibile aggiornamento delle linee guida globali e per l’avvio di ulteriori studi clinici.
In questo contesto, il Pancreas Center dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, che ha arruolato circa il 50% dei pazienti dello studio, conferma il suo ruolo di riferimento a livello nazionale e internazionale nella diagnosi e nel trattamento delle patologie pancreatiche, grazie a un modello integrato che coinvolge specialisti in oncologia, chirurgia, radiologia, gastroenterologia, radioterapia, anatomia patologica, medicina nucleare, nutrizione clinica, psicologia, diabetologia e ricerca traslazionale. Il Centro si configura come un polo di eccellenza e innovazione clinica integrandosi perfettamente con il Comprehensive Cancer Center del San Raffaele diretto dal professor Fabio Ciceri, primario dell’Unità di Ematologia Trapianto di midollo osseo dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e ordinario di Ematologia all’Università Vita‐Salute San Raffaele, beneficiando della collaborazione multidisciplinare e delle risorse condivise, con l’obiettivo di sviluppare strategie terapeutiche sempre più efficaci e personalizzate al fine di migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti.
Intanto la ricerca prosegue. E i prossimi risultati potrebbero ulteriormente affinare l’approccio terapeutico per la cura di questa complicata neoplasia.
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