Tumore al polmone: lo screening con la Tac funziona e può evitare oltre 36mila decessi
Lo screening del tumore al polmone potrebbe prevenire 36mila decessi. Grazie alla diagnosi precoce, in Italia porterebbe anche a un miglioramento di 9,2 anni nella sopravvivenza media dei pazienti diagnosticati tramite tac a basso dosaggio (LDCT) piuttosto che tramite sintomi. Secondo quanto evidenziato dal 20° Rapporto Sanità realizzato da C.R.E.A. Sanità e Università di Roma Tor Vergata, lo screening di questo tipo di carcinoma risulta non solo clinicamente efficace, ma anche economicamente vantaggioso per il sistema sanitario italiano. In un orizzonte di trent’anni, il programma, una volta messo a regime, potrebbe evitare 36.061 morti, ridurre i costi totali legati alla cura della neoplasia dell’1,8% e totalizzare un guadagno di 0,9 milioni di QALY, unità di misura sanitaria che incrocia gli anni di vita e il coefficiente di qualità della stessa.
Lo stato dell’arte e i fondi in manovra
Lo scenario prefigurato dagli esperti richiede programmi specifici, un’organizzazione e fondi ad hoc, sessioni dedicate di diagnostica per immagini, il reclutamento dei pazienti e una presa in carico per terapie ed eventuale chirurgia. I controlli potrebbero essere implementati e sostenuti grazie agli stanziamenti previsti dalla manovra 2026, che, alla voce “prevenzione”, mette a disposizione 238 milioni di euro annui, destinati a rafforzare gli screening del tumore della mammella, del colon retto e del tumore al polmone e per potenziare le vaccinazioni. In Italia, a parte programmi sperimentali come la R.I.S.P., la Rete Italiana Screening Polmonare, promossa dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, e i progetti pilota di alcune aziende ospedaliere, lo screening del tumore del polmone non è ancora strutturato come è avvenuto nel tempo per il cancro al seno, al colon-retto o alla cervice uterina, ma, studi alla mano, potrebbe rappresentare un’arma efficace contro un killer spesso silenzioso. A maggior ragione a fronte dei dati epidemiologici più recenti che stimano un aumento dell’incidenza dell’1,3% nei prossimi anni in entrambi i sessi.
L’importanza della diagnosi precoce
Il tumore del polmone rappresenta la prima causa di morte oncologica in Italia, con oltre 44mila nuovi casi e circa 36mila decessi ogni anno correlati al fatto che la diagnosi arriva spesso in fase avanzata, in quanto la malattia può progredire senza una particolare sintomatologia, quando le opzioni terapeutiche sono limitate e poco efficaci e con un tasso di sopravvivenza a cinque anni che può essere inferiore al 10%. Il fumo di sigaretta è il più rilevante fattore di rischio per il carcinoma del polmone, ad esso, infatti, è attribuibile l’85-90% di tutti i tumori polmonari. Il rischio aumenta con il numero delle sigarette fumate e con la durata dell’abitudine al fumo. Attualmente, solo un paziente su quattro è operabile al momento della diagnosi.
Il progetto pilota del San Camillo
I controlli radiologici con tac a basso impatto sui pazienti a rischio potrebbero in futuro modificare questo e altri dati. L’esperienza del progetto pilota di diagnosi precoce del tumore polmonare dell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini rappresenta uno degli esempi concreti in questo ambito. A quasi un anno dall’avvio del programma, i dati raccolti al primo novembre e diffusi nei giorni scorso evidenziano risultati interessanti. Su 700 tomografie computerizzate (TC) a basso dosaggio sono stati già individuati 13 tumori polmonari. A questi si aggiungono un mesotelioma pleurico, un tumore della ghiandola timica, due tumori al rene e un tumore al seno, per un totale di 18 tumori. Oltre ai tumori, la TC ha rilevato 20 noduli indeterminati, piccole anomalie che non sempre indicano cancro ma richiedono ulteriori controlli dal board multidisciplinare composto da radiologi, pneumologi, anatomopatologi, chirurghi toracici, oncologi e radioterapisti.
I criteri d’inclusione
L’iniziativa è rivolta alla fascia di popolazione più a rischio, cioè quella dei forti fumatori over 55, che può candidarsi attraverso un questionario pubblicato sul sito dell’Azienda. Su 2.100 persone che hanno risposto alle domande formulate dagli esperti 1.220 sono state ritenute idonee e sono state inserite nel programma. I criteri per l’inclusione nel progetto contemplano l’età superiore ai 55 anni e una storia di almeno 20 sigarette al giorno per 20 anni o di 10 sigarette al giorno per 40 anni. Alle persone selezionate viene offerto un percorso personalizzato per la cessazione del fumo.
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