Trump-Zelensky, nella diplomazia una foto non basta – Il Tempo

L’immagine è senza dubbio evocativa: Donald Trump e Volodymyr Zelensky seduti l’uno di fronte all’altro, soli, nel cuore della basilica di San Pietro. È un’immagine così potente da alimentare la speranza in un possibile successo della mediazione statunitense per porre fine al conflitto russo-ucraino. Tuttavia, la storia è costellata di incontri al vertice, cerimonie ufficiali e abbracci solenni tra Capi di Stato che, alla prova dei fatti, si sono rivelati infruttuosi. Spesso si corre il rischio di confondere una stretta di mano con un reale progresso diplomatico. Il problema è che le strette di mano, così come i sorrisi e gli scambi di doni, non alterano le ambizioni e gli interessi nazionali. Le relazioni personali tra i Capi di Stato non garantiscono necessariamente buone relazioni tra i rispettivi Paesi. Nessun leader ha mai spontaneamente ceduto qualcosa senza ricevere in cambio un compenso che riteneva di pari oppure di superiore valore. Nessun Capo di Stato partecipa a un vertice internazionale senza essere pienamente consapevole dei propri punti di forza e delle debolezze della controparte. È fondamentale sapere cosa si desidera negoziare e quali sono le leve da utilizzare. A livello interpersonale, chi partecipa a un vertice cerca soprattutto di prendere e misure del proprio interlocutore, al fine di ridurre eventuali futuri errori di valutazione. Da questo punto di vista questo nuovo bilaterale aggiunge poco, sia per Trump sia per Zelensky.
I due si conoscono da tempo, e sono relativamente bene in grado di valutare, ed eventualmente prevedere, ogni reciproca interazione. Del resto, fu proprio a causa dei contenuti di una loro telefonata del 2019 che Trump si ritrovò ad affrontare il suo primo processo di impeachment. Un episodio questo che Trump non ha sicuramente dimenticato, soprattutto considerando come Zelensky in quell’occasione si guardò bene dal soddisfare le sue richieste. Tornando al bilaterale, la possibilità che Trump ritenesse possibile far accettare al presidente ucraino un piano di pace che quest’ultimo ha appena rigettato nella sua interezza sembra poi un qualcosa di altamente improbabile, vista l’esperienza accumulata da Trump, sia come imprenditore sia come politico. Tutto lascia intendere che un nuovo dialogo diretto con Zelensky non era un qualcosa di particolare interesse per Trump. Del resto, sembra sia stato Zelensky a spingere per un breve incontro del quale è ancora tutt’altro che chiaro quale fosse l’obiettivo. Forti sono i dubbi che l’incontro sia stato richiesto dal presidente ucraino per proporre al presidente statunitense un nuovo piano di pace, anche in considerazione dell’enorme complessità della questione russo-ucraina e del tempo molto limitato a disposizione per l’incontro. A fronte di tanta incertezza, l’ipotesi che sembra più probabile è che, dopo quanto avvenuto a Washington a fine febbraio, Zelensky abbia cercato quest’incontro solo al fine di rafforzare la sua legittimazione internazionale.
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