Trump: “Sui dazi un accordo con la Ue”. Pechino rimanda negli Usa gli aerei Boeing

La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina si sposta sempre più in cielo. O, per meglio dire, a terra. Pechino ha infatti ordinato alle compagnie aeree nazionali di rispedire negli Usa gli aerei Boeing già consegnati e di rifiutare ulteriori forniture, come ritorsione ai dazi americani saliti al 145% sull’import di beni cinesi. Un gesto simbolico ma carico di implicazioni strategiche.
Secondo Reuters, un 737 Max è atterrato sabato scorso a Seattle, presso l’hub del gruppo americano. Un secondo velivolo ha seguito la stessa rotta poco dopo. Ma i numeri potrebbero essere più alti: secondo l’agenzia The Air Current, almeno tre 737 Max 8, in fase di preparazione presso il centro Boeing di Zhoushan e destinati a due vettori cinesi, sarebbero stati richiamati negli Stati Uniti già la scorsa settimana.
L’aereo atterrato a Seattle, dipinto con la livrea di Xiamen, faceva parte di un lotto di 737 Max rimasti in attesa a Zhoushan per le fasi finali di assemblaggio e consegna. Ora sono tornati indietro. «La Cina ha ordinato alle sue compagnie di non accettare altre consegne di Boeing», confermano fonti di settore. Un colpo non da poco per il colosso americano, da anni principale esportatore industriale verso la Cina, con quasi 12 miliardi di dollari di aerei e componenti inviati nel solo 2024, a fronte di importazioni pressoché nulle nello stesso comparto. Il blocco cinese rischia, tuttavia, di ritorcersi anche contro Pechino. «Se prolungata, questa mossa potrebbe danneggiare la stessa Comac», osservano gli analisti. Il costruttore cinese, che ambisce a competere con Boeing e Airbus, dipende ancora da tecnologie critiche fornite da aziende americane come Ge Aerospace, Honeywell e RTX. L’ironia è che anche il leader cinese Xi Jinping, nel suo recente tour nel sudest asiatico, ha viaggiato a bordo di un Boeing 747-8 (registrato come B-2479), parte della flotta ufficiale di Air China dedicata ai voli di Stato. La reazione del governo di Pechino resta dura. «Esprimiamo la nostra ferma opposizione ai Paesi che stringono accordi commerciali con gli Stati Uniti a scapito della Cina», ha dichiarato un portavoce del ministero del Commercio cinese.
Donald Trump, da parte sua, ostenta fiducia. «Con l’Ue finiremo per avere un accordo sui dazi», ha dichiarato all’agenzia Bloomberg. «Tutti vogliono trattare», ha aggiunto. Ma lo scontro resta acceso su più fronti, a partire dalla Federal Reserve. Nel frattempo, la Casa Bianca torna ad attaccare il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell. «Molti invocano tagli preventivi ai tassi», ha scritto il presidente su Truth Social. «Con i costi energetici in forte calo e l’inflazione praticamente nulla, l’economia rischia un rallentamento a meno che Mr. Troppo Tardi, un grande perdente, non abbassi i tassi di interesse, adesso», il suo pensiero.
L’attacco ha contribuito a scatenare il panico sui mercati: Wall Street ha segnato un forte ribasso, con il Dow Jones a -2,8%, lo S&P 500 a -2,9% e il Nasdaq in calo del 3,1%. Il clima di incertezza si riflette anche sulle materie prime: il petrolio Wti è scivolato a 62,23 dollari al barile (-2,8%), il Brent perde il 2,6% a quota 66,15. E il dollaro continua a indebolirsi: l’euro sale a 1,1505, il livello più alto dal novembre 2021.
Al contrario, l’oro continua il suo rally: il contratto future ha toccato quota 3.405 dollari l’oncia, mentre il Bitcoin, dopo settimane turbolente, torna a volare: +4,4% a 88.078 dollari, il massimo dall’annuncio dei dazi lo scorso 2 aprile.
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