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Trump impone sanzioni alla Corte penale internazionale. Insorgono Onu e Ue: “Revocarle immediatamente”


Trump impone sanzioni alla Corte penale internazionale. Insorgono Onu e Ue: "Revocarle immediatamente"

Monta la bufera attorno alle sanzioni di Donald Trump contro la Corte penale internazionale. Le Nazioni Unite hanno espresso profondo rammarico per la decisione del presidente Usa, invitandolo ad annullarle. “Siamo profondamente rammaricati per le sanzioni individuali annunciate ieri contro il personale della Corte e chiediamo che questa misura venga revocata“, ha affermato Ravina Shamdasani, portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani.

Durante il suo primo mandato, Trump aveva già imposto sanzioni ai funzionari della Cpi che stavano indagando su eventuali crimini di guerra commessi dalle forze statunitensi in Afghanistan. Tra queste misure rientravano il divieto di viaggio e il congelamento dei beni nei confronti dell’ex procuratore capo Fatou Bensouda. Tali sanzioni sono state revocate dall’amministrazione del presidente Joe Biden.

L’Onu e l’Ue insorgono in difesa della Cpi

La Corte penale internazionale ha promesso di proseguire la sua attività giudiziaria nonostante la mossa della Casa Bianca. La Cpi ha affermato, inoltre, di “sostenere fermamente” il suo personale e che l’ordine mira a danneggiare il suo lavoro “indipendente e imparziale“. Nella dichiarazione, si legge: “La Cpi condanna l’emissione da parte degli Stati Uniti di un ordine esecutivo volto a imporre sanzioni ai suoi funzionari e a danneggiare il suo lavoro giudiziario indipendente e imparziale“. La Corte aggiunge di sostenere il suo personale, impegnandosi “a continuare a fornire giustizia e speranza a milioni di vittime innocenti di atrocità in tutto il mondo“.

Coro di proteste anche dall’Unione Europea: “La Corte penale internazionale garantisce la responsabilità per i crimini internazionali e dà voce alle vittime in tutto il mondo. Deve poter perseguire liberamente la lotta contro l’impunità globale. L’Europa sarà sempre a favore della giustizia e del rispetto del diritto internazionale“, scrive su X la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, oggi in visita a Danzica, ospite della presidenza di Donald Tusk.

Israele, Ungheria e Bosnia contro la Cpi

L’ordine firmato da Trump accusa la Cpi di aver intrapreso “azioni illegittime e infondate contro l’America e il nostro stretto alleato Israele” e di aver abusato del suo potere emettendo “mandati di arresto infondati” contro Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant. “La CPI non ha giurisdizione sugli Stati Uniti o su Israele“, afferma l’ordinanza, aggiungendo che la Corte ha creato un “precedente pericoloso” con le sue azioni contro entrambi i Paesi. L’ordinanza afferma che gli Stati Uniti imporranno “conseguenze tangibili e significative” ai responsabili delle “trasgressioni” della Cpi. Le azioni potrebbero includere il blocco di proprietà e beni e il divieto di ingresso negli Stati Uniti per funzionari, dipendenti e i loro familiari.

La mossa di Trump ora costituisce un appiglio a una cordata di nazioni fuori dalla competenza dello Statuto di Roma o critiche nei confronti della propria membership: in un post su X, il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar ha affermato di elogiare “vivamente” l’ordine esecutivo di Trump. Ha affermato, inoltre, che le azioni della Cpi erano “immorali e prive di fondamento legale“, accusando la Corte di non operare “in conformità con il diritto internazionale“. Oggi, inoltre, il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha dichiarato su Facebook che la decisione di Trump era “assolutamente comprensibile“, sostenendo che la Cpi “negli ultimi tempi si è camuffata da strumento politico di parte“.

Il leader serbo-bosniaco Milorad Dodik, invece, ha detto di appoggiare la decisione del presidente americano, aggiungendo di voler proporre una decisione analoga anche da parte della Bosnia-Erzegovina. In una dichiarazione postata su X, Dodik ha osservato che la decisione Usa sulle sanzioni alla Cpi rappresenta un chiaro messaggio sul fatto che non è tollerabile alcun attacco alla sovranità degli Stati e ai diritti dei loro cittadini

In difesa della Cpi: il Gruppo dell’Aja

Intanto, in risposta ai tentativi da loro descritti di mettere in discussione l’autorità della Cpi, nove nazioni, tra cui Sudafrica e Malesia, hanno lanciato il mese scorso il “Gruppo dell’Aja” nel tentativo di difendere la Corte, il suo operato e le sue sentenze. Il gruppo è formato da rappresentanti di Sudafrica, Belize, Cuba, Namibia, Bolivia, Honduras, Senegal, Colombia e Malesia.

Pur mantenendo vaghi i suoi piani, il collettivo ha promesso di adottare “misure per porre fine all’occupazione israeliana dello Stato di Palestina e rimuovere gli ostacoli alla realizzazione del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione, incluso il diritto al proprio Stato indipendente di Palestina”. Ronald Lamola, ministro delle relazioni internazionali del Sudafrica, ha affermato che la campagna mira a garantire il rispetto del diritto internazionale e a proteggere le persone vulnerabili.

La costituzione del Gruppo dell’Aja invia un messaggio chiaro: nessuna nazione è al di sopra della legge e nessun crimine rimarrà senza risposta“, ha affermato. Il Sudafrica ha intentato una causa contro Israele presso la Corte, accusandola di genocidio a Gaza.

Il gruppo afferma che l’obiettivo non è punire Israele, ma il suo approccio alle sentenze della corte globale, che il primo ministro malese, Anwar Ibrahim, ha affermato “colpiscono le fondamenta stesse del diritto internazionale, che la comunità globale ha il dovere di difendere“.


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