Trump imbottiglia la Ue: “Dazi sul vino al 200%”

Donald Trump dichiara guerra al vino europeo. In una escalation della guerra commerciale, ieri il presidente degli Stati Uniti ha lanciato una nuova minaccia diretta all’Unione europea, da lui definita «una delle autorità fiscali e tariffarie più ostili e abusive al mondo», come ritorsione contro i dazi di Bruxelles sul whisky prodotto negli Usa: «Se questa tariffa non verrà rimossa immediatamente, gli Stati Uniti imporranno a breve una tariffa del 200% su tutti i vini, champagne e prodotti alcolici in produzione dalla Francia e da altri Paesi rappresentati dall’Unione europea», ha scritto il presidente sul suo social network, Truth. Aggiungendo che questa misura sarebbe «vantaggiosa per le imprese americane che producono vino e champagne».
L’ultima minaccia della Casa Bianca ha subito affondato in Borsa i titoli del settore: a scivolare sono state le azioni di Campari (-4,3%), Pernod Ricard (-3%) e di Remy Cointreau, nota per il suo cognac premium, che ha lasciato sul parterre di Borsa il 4%. Male anche i titoli del colosso del lusso francese Lvmh, che possiede gli chanpagne Moët & Chandon e Veuve Clicquot. Il gigante delle bevande Diageo, proprietario di marchi come Johnnie Walker e Guinness, ha perso quota a Francoforte, e sempre sul Dax, Heineken ha lasciato sul terreno più dell’1%. In generale, la guerra a colpi di dazi sta pesando sui mercati. L’indice S&P 500, ad esempio, è sceso di quasi il 10% rispetto al massimo toccato a febbraio.
«Chiediamo agli Stati Uniti di revocare immediatamente le tariffe imposte ieri, e vogliamo negoziare per evitare nuove tariffe in futuro», dichiara il portavoce della Commissione europea per il commercio Olof Gill. «La Francia resta determinata a rispondere», scrive su X il ministro francese del Commercio estero e per i francesi all’estero, Laurent Saint-Martin. La guerra commerciale spaventa anche la Spagna: «La nostra volontà è quella di parlare e negoziare», sostiene il ministro dell’Agricoltura spagnolo, Luis Planas. «Domani mattina vedrò il Segretario di Stato americano, Marco Rubio, al quale dirò soltanto che una guerra commerciale non conviene a nessuno», afferma il ministro degli Esteri, Antonio Tajani dal G7 degli Esteri in Canada. «Siamo preoccupati di un’escalation, di una guerra commerciale, che dividerebbe l’Occidente», evidenzia Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del made in Italy che vede necessario un Occidente unito.
Il danno sarebbe soprattutto per i produttori italiani. Gli Usa sono il primo consumatore mondiale di vino con 33,3 milioni di ettolitri, secondo dati Oiv, e per il nostro Paese rappresentano in valore il mercato più importante. Un dazio del 200% rischierebbe di danneggiare pesantemente soprattutto l’export di bottiglie tricolori che nel 2024 ha raggiunto un valore complessivo di 1,94 miliardi di euro, secondo un’analisi Coldiretti/Filiera Italia. Negli ultimi venti anni le vendite negli Stati Uniti sono quasi triplicate in valore, con un incremento del 162%, tanto da rappresentare circa un quarto delle esportazioni totali di vino italiano. Quasi un terzo del totale è costituito dagli spumanti. Tra l’altro, l’intimidazione della Casa Bianca arriva a poche settimane dall’inizio del Vinitaly, il salone internazionale del vino e dei distillati che si svolgerà dal 6 al 9 aprile 2025 a Verona.
Ai tempi della sua prima presidenza, Trump aveva annunciato l’imposizione di dazi su tutti i prodotti provenienti dall’Unione Europea, ma poi furono applicati solo a specifici prodotti, come formaggi italiani, salumi e liquori, mentre il vino italiano riuscì a evitarli. A questo giro, invece, ha inasprito l’utilizzo della guerra commerciale come leva negoziale. E, nel caso degli spirits, ha contrattaccato a Ursula von der Leyen, pronta a imporre tariffe su un lungo elenco di prodotti americani tra cui il bourbon – a partire da metà aprile con un impatto stimato di 26 miliardi di dollari. Una mossa, quella di Bruxelles, che a sua volta è stata varata come risposta al dazio Usa del 25% su acciaio e alluminio.
Intanto, la lobby europea dei distillati, Spirits Europe, si appella all’Unione europea e agli Stati Uniti affinché smettano «di servirsi» del settore «come moneta di scambio in conflitti che non hanno nulla a che vedere con noi».
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