Trump e la strage di Sumy: “Colpa di Biden e Zelensky”

Le immagini sconvolgenti dell’attacco su Sumy con i morti per strada sono sotto gli occhi del mondo. Ma il giorno dopo l’ennesima strage di civili per mano russa nulla sembra essere cambiato. Anzi, palesi menzogne e accuse assortite si mischiano con polemiche che sfiorano l’imbarazzante, anche e soprattutto se a parlare è Donald Trump, colui che doveva fermare il conflitto in 24 ore e che invece prima parla di «errore» riguardo l’attacco a Sumy poi parte con la solita invettiva contro Biden e Zelensky che hanno, secondo lui, dato il via a questa guerra, dimenticando Vladimir Putin, colui che ha deciso, pianificato e messo in pratica l’invasione di uno stato sovrano per poi correggere, ma solo in parte, il tiro. Inevitabili polemiche e un caos che allontana ancora più una pace che in realtà non è mai sembrata particolarmente vicina.
Ieri il presidente americano ha parlato varie e differenti occasioni. In un primo tempo ha definito l’attacco su Sumy «una cosa terribile», aggiungendo però «mi è stato detto che hanno commesso un errore». Una frase che ha scatenato l’ira di Kiev. «È come dire che l’11 settembre è stato solo un errore di al-Qaeda», ha tuonato il presidente della commissione Esteri Oleksandr Merezhko. «L’Fbi dovrebbe indagare su chi sta diffondendo propaganda russa alla Casa Bianca. Incoraggia Putin a continuare le atrocità», ha aggiunto. Dopodiché, Trump ha peggiorato ulteriormente le cose quando con un post social ha detto che «il presidente Zelensky e Joe Biden hanno fatto un lavoro orribile nel consentire a questa guerra di iniziare», evitando deliberatamente di citare Putin e rincarando la dose. «La guerra è di Biden, non mia. Non ho nulla a che vedere con questa guerra, ma sto lavorando diligentemente per fermare la morte e la distruzione. Dobbiamo fermare la guerra rapidamente». A questo punto la replica è arrivata dal presidente Volodymyr Zelensky. «Caro presidente Donald Trump, noi ucraini rispettiamo la tua posizione, ma per favore, prima di prendere qualsiasi decisione sui negoziati con la Russia, vieni a vedere con i tuoi occhi la nostra gente, i civili, gli eroi, gli ospedali, le chiese, i bambini feriti o morti», ha detto. «L’obiettivo finale di Putin è far rivivere l’impero russo e riconquistare i territori attualmente sotto la protezione della Nato. Considerando tutto ciò, credo che la situazione potrebbe degenerare in una guerra mondiale, non ci sarà un posto sicuro per nessuno», ha poi lanciato l’allarme il leader di Kiev. In serata poi, Trump ha leggermente corretto il tiro. Pur ribadendo che Zelensky non avrebbe dovuto fare guerra a uno 20 volte più grande di lui, ha riconosciuto che le colpe sono anche di Putin.
Il tutto mentre le bugie del Cremlino arrivano a un livello difficile da raggiungere anche in un regime. Il ministro degli Esteri Serghei Lavrov dice «che nella struttura colpita da un attacco russo ieri a Sumy si stava svolgendo un incontro tra i leader militari ucraini e i loro colleghi occidentali». Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, senza nessuna traccia di vergogna, ha affermato che in Ucraina la Russia colpisce «solo obiettivi militari» e che anzi è l’Ue che continua la guerra e vuole l’escalation. Ovvia la risposta pressochè unanime dell’Occidente, costretto a sottolineare l’ovvio: colpiti soltanto obiettivi civili.
Tra le reazioni più rabbiose quella del cancelliere tedesco in pectore Friedrich Merz, che ha aperto, in discontinuità con Scholz, all’invio dei missili Taurus a Kiev venendo accusato dal solito delirante Medvedev di essere un nazista. Altro che dialogo, altro che pace in 24 ore o in un mese. La guerra in Ucraina va avanti ed è chiaro a tutti, anche a chi finge di non saperlo, di chi sia la responsabilità.
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