Trieste, il piccolo Giovanni Trame aveva paura della madre: «Non so se sia una buona idea stare da solo con lei»
A lanciare l’allarme sulla pericolosità di Olena Stasiuk, la donna che ha ucciso il figlio Giovanni Trame, di 9 anni, non erano stati solo il padre e i tecnici coinvolti, ma anche il bambino stesso. Lo riferisce il Corriere della Sera: il piccolo aveva paura all’idea di restare solo con la madre.
Quando gli venne chiesto di descrivere «papà e mamma con tre aggettivi», rispose: «Lui è buono, simpatico, gioca sempre con me, guardiamo film, leggiamo libri». E lei? «Così, così. Certe volte bene perché mi fa giocare, male perché non mi fa giocare. Quando non mi fa giocare rimaniamo in silenzio in casa. Poi in casa c’è anche una signora che a me piace (Carlotta, l’educatrice inviata dai Servizi sociali, ndr) e vorrei che continuasse a esserci». E quando la psicologa Erika Jakovcic, consulente del Tribunale di Trieste, chiese espressamente al bambino la sua opinione sulla possibilità che Carlotta non fosse più presente durante gli incontri con la mamma, lui rispose: «Non so se è un’idea buona».
Il 20 maggio, con un’ordinanza firmata dalla giudice Filomena Piccirillo, il Tribunale civile aveva concesso a Olena Stasiuk la possibilità di vedere il figlio una volta alla settimana da sola, il mercoledì pomeriggio, senza la presenza di un’educatrice o di assistenti sociali. Una scelta che, nelle intenzioni, forse voleva riconoscere il percorso della donna (Il Piccolo ha riferito di documenti che parlavano di «miglioramenti»).
Ma nelle carte giudiziarie (circa 5.000 pagine, come ha riferito l’avvocata del padre, Gigliola Bridda) ci sono molti riferimenti alle paure di Giovanni Trame e ai comportamenti violenti della madre. In un verbale del giugno 2023, riportato dal Corriere, il bambino spiegava: «Sono triste, quando vado dalla mamma…». Alla domanda «Perché?» Giovanni rispondeva: «Perché ho paura».
Due anni fa, Olena Stasiuk aveva stretto il collo del bambino con entrambe le mani. Il piccolo, portato in ospedale, aveva raccontato che la madre sembrava volesse strozzarlo: i medici gli avevano dato tre giorni di prognosi. Ma quella violenza, nelle carte successive, sembrava non essere più considerata determinante.
Paolo Trame, 58 anni, operaio, aveva ottenuto l’affidamento del figlio dopo una lunga e complessa battaglia legale iniziata nel 2017, anno della separazione. Le tensioni, le denunce e i reciproci ricorsi erano andati avanti per otto anni. Nei giorni scorsi il padre aveva ribadito le sue preoccupazioni, scrivendo: «È pericolosa, non stia da sola con mio figlio». L’avvocata Bridda ha sottolineato come nel tempo quei segnali siano stati «forse sottovalutati», ricordando anche che una perizia psichiatrica approfondita, richiesta della difesa del padre, non venne mai disposta.
Dal 2017 Olena Stasiuk era stata presa in carico dal Centro di salute mentale di Domio, principalmente per disturbi d’ansia. Il direttore Massimo Semenzin ha spiegato che la donna era stata seguita fino al 2023, quando fu concordata un’interruzione. Non assumeva farmaci, e non risultavano ai sanitari segnalazioni relative al rapporto madre-figlio.
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