Tredici cavalli macellati illecitamente nel mattatoio di Rocca di Neto che era sotto sequestro. Un arresto e 5 denunce
La carne equina era stata macellata senza controlli ed era pronta per essere venduta agli acquirenti ignari della provincia di Siracusa. Ed il tutto sarebbe avvenuto illecitamente, macellando 13 cavalli che si trovavano nello stabilimento “Assocarni” di Rocca di Neto, in precedenza sequestrato dal Tribunale di Crotone e sottoposto a procedura fallimentare.
Si può sintetizzare così la presunta macellazione illecita di animali scoperta dalla Procura di Crotone con l’inchiesta che ha portato prima al divieto di dimora in Calabria e poi all’arresto per Carmine Marino, 45enne di Rocca di Neto, custode giudiziale del mattatoio gestito dalla curatela fallimentare. La misura cautelare è stata disposta dalla giudice delle indagini preliminari, Assunta Palumbo, al termine dell’udienza per la convalida dell’arresto in flagranza di reato eseguito dai carabinieri il 9 novembre.
Ma nel registro degli indagati figurano anche altre cinque persone che devono rispondere di aver organizzato e portato a termine la macellazione abusiva dei 13 cavalli della “Assocarni”. Sotto accusa sono finiti: Renato Nociti, 51enne di Cassano allo Ionio; Raffaele Lagani, 52 anni di Rocca di Neto; Valentina Sorbaro, 35enne di Rocca di Neto; Alex Kenfasela, 37 anni residente a Isola Capo Rizzuto; e Aboubacar Ricane Kouruma, 34enne della Guinea e residente in Puglia.
Il sostituto procuratore Matteo Staccini, titolare del fascicolo, contesta loro i reati di violazione dei sigilli e uccisione di animali. Mentre la violazione delle norme sul trattamento degli animali e delle acque viene addebitata a Marino, Nociti, Sorbaro, Kenfasela e Ricane Kouruma.
La vicenda ha preso piede qualche giorno fa, quando i militari dell’Arma hanno “pizzicato” Nociti entrare nella “Assocarni” con un mezzo che in genere viene utilizzato per il trasporto degli animali. Tanto è bastato ai carabinieri del Nas di Cosenza per fare irruzione, verso le 18, all’interno del capannone. Qui gli inquirenti non hanno potuto fare altro che constatare l’avvenuto abbattimento dei cavalli con gli indagati sorpresi ad effettuare lo svuotamento delle carcasse. Non solo. Dai successivi controlli condotti dai veterinari dell’Asp di Crotone è anche emerso che 3 dei 13 cavalli erano muniti di chip, quindi non erano destinati alla macellazione. Durante l’interrogatorio davanti alla gip, Marino, difeso dall’avvocato Mario Nigro, ha ammesso le proprie responsabilità. Ovvero, di essersi messo d’accordo con Nociti per violare i sigilli al fine di entrare nello stabilimento così da consentire la macellazione dei cavalli con la collaborazione degli altri indagati. Inoltre, per ogni animale trattato, il custode giudiziale della “Assocarni” avrebbe poi ricevuto una somma di denaro dallo stesso Nociti che avrebbe provveduto a vendere la carne in Sicilia. Ma a segnalare qualche anomalia nel capannone era stato il curatore fallimentare che – già il 19 settembre – aveva notato la presenza di un animale macellato.
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