Tragedia di Lampanaro, chiesto il giudizio per i Chimirri
Approda in aula la tragedia di Lampanaro. Per il poliziotto che sparò al pizzaiolo chiesta archiviazione per legittima difesa. Udienza il 29 aprile
CROTONE – Per il tentato omicidio del vice ispettore della polizia di Stato Giuseppe Sortino, che lo scorso 7 ottobre uccise il pizzaiolo e tiktoker Francesco Chimirri, secondo l’accusa «estremo atto di autodifesa» mentre l’agente subiva una violenta aggressione nel quartiere Lampanaro, il pm Alessandro Rho ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro familiari della vittima. Si tratta del figlio della vittima, Domenico Chimirri, di 19 anni, del padre della vittima, Domenico Chimirri, di 67 anni, e dei fratelli della vittima, Antonio (41) e Mario (46).
L’udienza preliminare è fissata per il prossimo 29 aprile. Per il poliziotto il pm ha chiesto l’archiviazione. I carabinieri, coordinati dal pm Alessandro Rho, hanno ricostruito, attraverso l’esame delle immagini registrate dagli impianti di videosorveglianza, testimonianze e intercettazioni telefoniche, la dinamica dei fatti. Le accuse per i Chimirri sono, a vario titolo, di tentato omicidio e lesioni gravissime. Accuse aggravate dal fatto che Sortino era un pubblico ufficiale intento a un controllo di polizia in seguito alla “scriteriata condotta di guida” tenuta dalla vittima. Per Bruno Luchetta, di 26 anni, automobilista di passaggio, l’accusa è di favoreggiamento.
TRAGEDIA LAMPANARO, L’ANTEFATTO
Come si ricorderà, la vicenda scaturisce dalle manovre pericolose lungo la strada statale 106 notate dal poliziotto che, residente in Sicilia, stava rientrando a Crotone per prendere servizio in Questura. A bordo della sua auto Peugeot “208”, il poliziotto viene sorpassato nel suo tragitto dalla Dacia “Duster” di Francesco Chimirri, che viaggia col figlio. È lunedì, e la sua avviata pizzeria a Isola Capo Rizzuto, dove la vittima risiedeva con moglie e quattro figli, è chiusa. L’uomo è diretto nel quartiere Lampanaro di Crotone dove vivono il padre e i fratelli. Chimirri, procedendo a zig-zag ad alta velocità, urta contro due vetture, tra cui la Citroen “Xara Picasso” di Bruno Luchetta (che sarà poi denunciato per favoreggiamento per dichiarazioni ritenute mendaci). La Dacia prosegue senza fermarsi dopo essersi inserita tra due veicoli e provocando la rottura di tre specchietti che cadono in frammenti sulla strada. Il poliziotto decide di pedinare l’auto di Chimirri fino a Lampanaro.
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PRIMA AGGRESSIONE
La prima aggressione patita dall’ispettore, della durata di 57 secondi, avviene alle 14.47. Sortino, in borghese, scende dall’auto con indosso una t-shirt bordeaux e jeans, si sistema la pistola sul fianco destro e tenta di contattare telefonicamente un collega. Nel frattempo, anche Luchetta scende dal suo veicolo. Entrambi si dirigono verso i Chimirri ma la situazione si surriscalda. “Esci da qua”, dice una voce maschile. Luchetta torna sulla sua auto e si allontana. Dalle sagome inquadrate dalle telecamere gli inquirenti evincono che padre e figlio inveiscono contro il poliziotto colpendolo con una raffica di pugni. Sortino cerca di raggiungere non senza difficoltà la propria auto mentre Francesco Chimirri lo strattona. “Sono della polizia”, dice Sortino, ma viene subito dopo colpito alla nuca con un primo pugno da Francesco Chimirri. Il secondo pugno raggiunge Sortino sempre alla testa mentre volge le spalle a padre e figlio. Dopo il quarto pugno, Sortino riesce ad aprire la portiera ma lo raggiunge anche Domenico Chimirri che lo colpisce con calci e pugni. Altri quattro pugni Francesco Chimirri li sferra a Sortino nella zona sopra la cintura. Si accanisce anche Domenico Chimirri con pugni alla schiena. Alla fine saranno 15 i pugni inferti dal padre e nove quelli dal figlio. Una raffica di colpi, dunque, molti dei quali diretti alla nuca.
LO SFOLLAGENTE
Sortino tenta di divincolarsi dai due aggressori. Sono le 14.47 quando il poliziotto viene inquadrato mentre impugna uno sfollagente presumibilmente prelevato nella sua auto. Sopraggiungono anche il padre e i fratelli di Francesco Chimirri. Il poliziotto indietreggia e brandisce lo sfollagente per tenere lontani gli aggressori mentre Francesco Chimirri tenta di colpirlo con calci che vanno a vuoto. “Me ne vado”. “Ti ammazzo, bastardo”.
LO SPARO
Sono le 14.48. Sortino non viene ripreso mentre spara ma l’audio è registrato dagli impianti di videosorveglianza. Padre e figlio inseguono Sortino e lo colpiscono alle spalle e il poliziotto riesce a raggiungere l’auto. Intanto, si sentono voci maschili e femminili che urlano. “Aiuto”, dice due volte Sortino. “Pezzo di merda”. Poi si sentono due rumori identici in rapida successione, riconducibili al caricamento di una pistola semiautomatica. L’arma scarrella tre volte. Tre colpi vanno a vuoto. Poi parte il colpo che raggiunge Chimirri al petto e lo uccide. “Poliziotto di merda… chiama l’ambulanza…. No, ti prego papà”.
TENTATO OMICIDIO
Dalle immagini estrapolate dalla videosorveglianza e dai video divenuti virali sui social si vede che il ragazzo impugna l’arma abbandonata da Sortino per tentare di sparargli. Suo zio Antonio avrebbe anche saltato con un calcio sulla testa della vittima. Per questo i due rispondono di tentato omicidio. Il nonno impedì al nipote di uccidere il poliziotto che aveva appena sparato al padre del ragazzo. L’accusa di tentato omicidio, originariamente contestata a tutti i familiari della vittima, resta in piedi per Domenico Chimirri classe 2006 e suo zio Antonio in relazione alla seconda fase dell’aggressione. I Chimirri sono difesi dagli avvocati Andrea Filici e Tiziano Saporito. Luchetta dall’avvocato Aldo Truncè.
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