Touch: Il tocco della tartaruga :: Le Recensioni di OndaRock
Cosa aspettarsi dalla nuova uscita dei Tortoise? Un ribaltamento radicale del loro suono verso orizzonti inesplorati? Una commistione di generi così estrema da risultare finora inconciliabile? Oppure una nuova attitudine capace di indicare la via ai futuri adepti della religione del post-rock?
Niente di tutto questo. In “Touch”, il nuovo album della band di Chicago, non c’è alcuna rivoluzione, ma piuttosto una conferma della loro inconfondibile identità sonora.
Dopo nove anni di silenzio, lo storico ensemble di visionari precursori torna in pista. Come da tradizione, in “Touch” ogni melodia viene scomposta, sezionata, privata della sua linearità narrativa e immersa in un bagno purificatore di ritmo tra pulsioni solforiche, micro-beat warpiani e glitch digitali. Poi, come in un rituale alchemico, la melodia rinasce, reinterpretata da altri strumenti o assorbita da un nuovo universo sonoro, spesso all’opposto del precedente.
È un gioco di apparizioni e scomparse altamente evocativo, che sembra alludere alla caducità delle cose terrene, al ciclo della vita e alla routine dei giorni che scorrono inesorabili. In questo senso “Works And Days” è forse il passaggio più emblematico: una pigra linea di synth si innalza sopra un pulsare ritmico saturo di vapori industriali; quando entrano trombe e xilofono, il brano sembra spiccare il volo, ma viene subito riportato a terra dal battito cadenzato di inquietanti campane.
“Touch” raccoglie in sé tutti gli elementi ricorrenti della carriera dei Tortoise: la chitarra spaghetti-western che disegna fraseggi sulle ritmiche ruvide di “Vexations”; le tensioni degli arpeggi sospesi, doppiati dallo xilofono, in “A Title Comes” e anche la saturazione che chiude “Oganesson”, potrebbe richiamare il celebre effetto del “salto” del cd in “Djed”.
Non manca neppure il consueto uso dell’elettronica, evidente nella house minimale di “Elka”, né l’altrettanto ricorrente anima kraut-rock con il motorik alla Neu!/Stereolab di “Axial Seamount”, dove luminosi synth alla Eno sembrano umanizzare i battiti meccanici.
La forza cinematografica delle loro composizioni resta, come sempre, protagonista. È difficile non cogliere nelle aperture di synth del dub oscuro “Promenade à deux” un’atmosfera noir, nell’incalzante “Rated OG” un rimando alla blaxploitation e al poliziottesco, fino all’epica “Night Gang”, che chiude l’album con un incedere luminoso e solenne.
I dieci brani di “Touch” hanno durate insolitamente compresse rispetto alle lunghe suite che in passato lasciavano respirare le composizioni. Questo rende l’ascolto più accessibile, ma anche meno memorabile: alcuni passaggi, come “Layered Presence”, appaiono come ottimi concentrati di idee che in altre occasioni avrebbero trovato sviluppi più ampi.
La Chicago dei Tortoise e dei Soma Electronic Music Studios è ormai un ricordo: solo due membri vivono ancora nella “città del vento”, mentre John McEntire risiede in Oregon e Jeff Parker e John Herndon si sono trasferiti a Los Angeles. Tutto ciò ha reso più complesso il lavoro di pre-produzione, in cui ogni scintilla creativa è preziosa. Più che un nuovo capitolo, “Touch” sembra un’antologia ideale della loro storia sonora: un ritorno lucido e consapevole, che guarda al passato con la calma di chi, dopo aver innovato un linguaggio, ora ne osserva le tracce.
15/11/2025




