TOP TEN ALBUM 2024 – di Dimitra Gurduiala
10. WAXAHATCHEE
Tigers Blood
[ ANTI ]La nostra recensione
Con una super band alle spalle e un cuore pieno di dolori, confessioni, ma anche tanta speranza; il viaggio che Katie Crutchfield ci offre con questo disco è travagliato, un dialogo con la sua anima che fa però sperare bene, sia per il percorso musicale dell’artista sia quello personale. Disco americana dell’anno, decisamente.
9. ADRIANNE LENKER
Bright Future
[ 4AD ]La nostra recensione
E qui partono i pianti. Pochi gli strumenti a fare da cornice alla splendida voce della vocalist dei Big Thief, ed è proprio questo espediente che rende questo album così emotivamente carico, la potente delicatezza della voce di Lenker fa venire la pelle d’oca persino nei momenti in cui si ferma per riprendere fiato. Devastante.
8. KALI UCHIS
Orquídeas
[ Geffen Records ]
Sensazionale. Partenza con RnB e synth pop, finale fatto di puro merengue: questo disco è un ritratto perfetto della diva colombiana, dai ritmi sensuali ma giocosi. Punta di diamante la sognante “Pensamientos intrusivos”.
7. FONTAINES D.C.
Romance
[XL]La nostra recensione
E chi se lo aspettava questa svolta degli irlandesi? Ammetto che forse all’uscita di “Starburster” le aspettative per il disco erano parecchio alte, e forse il risultato effettivo non è riuscito a superarle; a parte tutto, è comunque un gran bell’album. Nonostante quanto sia stata sottovalutata finora, “Horseness Is The Whatness” è la traccia più emotivamente intensa e interessante, tra archi e un titolo che rimanda all’Ulisse di Joyce – perché insomma, sarebbero davvero i Fontaines D.C. senza rimandi alla cultura irlandese?
6. VAMPIRE WEEKEND
Only God Was Above Us
[ Columbia Records ]La nostra recensione
Il migliore della band, poco da aggiungere. Racchiude bene il percorso del gruppo fatto finora, è maturo ma non sa né di banale né di vecchio, anzi: è rinfrescante pur essendo intriso di nostalgia, più lo si ascolta più non si smette di farlo.
5. MAGDALENA BAY
Imaginal Disk
[ Mom + Pop ]La nostra recensione
Ipnotico, surreale, onirico. C’è di tutto e di più, un marasma dove la voce soave di Mica Tenenbaum fa da demiurgo e unisce le tracce tra loro, dando forma a questo splendido caos che spazia tra dance, synth pop e psichedelia. “Cry For Me” è tranquillamente qualcosa che avrebbero potuto creare gli ABBA, però con quel tocco in più – che questo tocco sia la follia? Chissà, ma sicuramente vogliamo sentirne di più.
4. CHARLI XCX
Brat and it’s completely different but also still brat
[ Atlantic ]La nostra recensione
Su questo disco e tutte le sue varianti si è detto anche troppo, ma un accenno alla versione remixata di “Brat” non potevo non farla; è sì un’ode all’autotune, ma anche alla solidarietà femminile (grazie Lorde e Charli XCX per aver realizzato il sogno di migliaia di ragazze nostalgiche di Tumblr, me inclusa), alla cultura del clubbing, una forte critica alla stan culture, e tanto altro ancora. Soprattutto, Julian Casablancas che si strugge in un canto strappalacrime mentre miss Aitchison in sottofondo racconta il suo amore per le cosiddette “mean girls”. Poesia.
3. THE MARÍAS
Submarine
[ Atlantic ]
Bello, bellissimo “Cinema”, il disco di debutto della band; è qui però che il potenziale è diventato realtà, questi astri nascenti del dream pop si sono immersi nel groove per dare vita a un disco ambizioso ed elegante, perfettamente riuscito. Si spera che il fatto che siano andati virali su TikTok non rovini questo percorso meraviglioso, ma potremo capirlo solo in futuro…
2. XIU XIU
13″ Frank Beltrame Italian Stiletto with Bison Horn Grips
[ Sub Pop ]La nostra recensione
Nella discografia degli Xiu Xiu, forse questo è il lavoro più accessibile al grande pubblico, senza però rinunciare alle continue sperimentazioni, ormai caratteristica fondante del gruppo. Si tratta del disco più rock della loro carriera ma allo stesso tempo inquieto, una spirale che scende sempre più giù per poi risalire ed esplodere come un fuoco d’artificio.
1. THE CURE
Songs Of A Lost World
[ Universal ]La nostra recensione
Le intro lunghe, le atmosfere dark e imponenti, la scia di “Disintegration”: dopo 16 anni di attesa eccoci qui, con un disco intriso di serena malinconia che non delude le aspettative, anzi. Non solo ha segnato il 2024, ma possiamo tranquillamente dire che è già una pietra miliare degli ultimi vent’anni, nonché uno dei più belli dell’intera discografia del gruppo, nonostante la mancanza di hit più “leggere” come “Friday I’m In Love” – ma è legittimo, siamo pur sempre all’interno di un mondo perduto, in un’atmosfera oscura e triste, ma anche immensamente poetica. In “And Nothing Is Forever” sentiamo Smith cantare “And I know, I know for my world has grown old and nothing is forever”: magari nulla è davvero per sempre, ma nell’ascoltare questo disco è impossibile non sentirsi in una dimensione altra, un piccolo frammento di eternità che appartiene solo a chi assapora ogni canzone, in ogni secondo. Grazie, Robert.
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