Tiziano Ferro: «Da quando, da adolescente, ho scoperto che mentire è inutile e che dire le bugie è difficile, ho scelto la verità sempre e comunque»
«Sono un grande»: così Tiziano Ferro ha scelto di intitolare il suo nuovo disco, un’opera che nasce dal dolore, dalla riflessione e dalla sincerità. È una specie di mantra, una dichiarazione d’intenti. «È una sorta di invito a tentare di fare valere le cose che abbiamo fatto per arrivare qui e che sono sicuramente tante: ci sono dei meriti, c’è il caso, c’è la fortuna, c’è la tenacia. Però forse siamo anche noi. È un invito a rimettere al centro l’essere umano», spiega.
Il 2023 ha segnato per lui un punto di svolta personale: la fine del matrimonio con Victor Allen, un legame iniziato nel 2019, ha lasciato cicatrici profonde. Invece di nasconderle, Tiziano Ferro ha deciso di trasformarle in musica. Le canzoni del nuovo album non erano inizialmente destinate a uscire: erano una specie di flusso di coscienza, un modo per mettere ordine dentro due anni di emozioni tumultuose.
E poi la scelta: fingere di nulla oppure raccontare la verità. Lui ha scelto la verità. Che, per lui, è un principio fondamentale: «Nella vita di tutti i giorni, nei rapporti con amicizie nel lavoro io eliminerei le bugie: non so non so mentire. Non sapevo mentire da piccolo e non so mentire adesso, e soprattutto appena ho scoperto – in tarda adolescenza – che mentire è inutile e che dire la verità è più facile, ho scelto la verità sempre e comunque», spiega. Fingere è proprio una cosa che non riesce a fare: «Io al massimo riesco a omettere, quindi a controllarmi, però ci sono delle persone che lavorano con me che mi aiutano a ricordare che bisogna essere anche delle persone in grado, ogni tanto, di stare in silenzio e guardare. Io però non riesco e non riuscirei mai a vendere una versione di me stesso che non esiste: non c’è qualcosa che non mi piace e che io dirò di amare e non c’è qualcosa che penso che rinnegherò: non ce la faccio, ormai io ho capito che non fa per me. E vi consiglio di fare altrettanto, perché alleggerisce la vita».
La musica è sempre stato il mezzo privilegiato per esprimere ciò che aveva dentro: «Credo che le canzoni siano entrate nella mia vita perché mi hanno dato una finestra verso la quale guardare quando avevo dei dubbi e rancori, quando avevo bisogno di speranza quando avevo bisogno di risposte. Che la musica sia salvezza non è un modo di dire: ci sono delle forme di degrado molto più sottili della morte fisica e la musica, come l’arte, offre quella porta verso un mondo nel quale troviamo un po’ di pace».
Ne è passata di acqua sotto i ponti dai tempi di Perdono: «I miei vent’anni. Tiziano, in quel momento, non sapeva neanche chi fosse, come credo chiunque a quell’età. In fondo, però, ero una persona molto curiosa e testarda, ero spinto dalle mie passioni e mi lasciavo trasportare dalle necessità che il mio animo mi suggeriva: volevo amare e essere amato, volevo attenzione e volevo cura, cercavo un linguaggio, cercavo un pubblico, cercavo qualcuno che mi ascoltasse ma anche qualcuno da ascoltare. E credo di essere, oggi, la stessa versione, sicuramente invecchiata e forse anche un po’ migliorata, di quel ragazzo che cercava tutte queste cose».
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