Terzo mandato, per la Consulta la legge salva-De Luca della Campania è incostituzionale
La legge per salvare Vincenzo De Luca è incostituzionale. Lo ha deciso la Consulta, decretando l’illegittimità della norma della Regione Campania che consente al governatore uscente che ha già svolto due mandati consecutivi di candidarsi per un terzo mandato. A impugnare la legge varata nel novembre del 2024 era stato il governo di Giorgia Meloni, durante il Consiglio dei ministri del 9 gennaio.
Il comunicato della Consulta – La Corte costituzionale, in una nota, scrive che “l’articolo 1 della legge della Regione Campania numero 16 del 2024, dopo avere previsto che non è immediatamente rieleggibile alla carica di Presidente della Giunta regionale chi, allo scadere del secondo mandato, ha già ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi, ha tuttavia stabilito che, ‘ai fini dell’applicazione della presente disposizione, il computo dei mandati decorre da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge”. Secondo la Consulta “con tale ultimo inciso, il legislatore campano ha reso inapplicabile, per la prossima tornata elettorale, il principio fondamentale del divieto del terzo mandato consecutivo posto dal legislatore statale con la legge numero 165 del 2004, così violando l’articolo 122, primo comma, della Costituzione, che attribuisce al legislatore regionale il compito di disciplinare, tra l’altro, le ipotesi di ineleggibilità del Presidente della Giunta regionale nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica. Il divieto del terzo mandato consecutivo opera, infatti, per tutte le Regioni ordinarie, dal momento in cui esse hanno adottato una qualsiasi legge in materia elettorale, nel contesto di una scelta statutaria a favore dell’elezione diretta del presidente della Giunta regionale”.
Il dibattito al palazzo della Consulta – L’udienza al palazzo della Consulta era cominciata in mattinata. Il giudice relatore Giovanni Pitruzzella all’apertura del ruolo ha inquadrato lo stato degli atti della questione sollevata dalla presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentata dagli avvocati Ruggero Di Martino ed Eugenio de Bonis, contro quella della Regione Campania, difesa dai legali Giandomenico Falcon, Aristide Police, Marcello Cecchetti. Quindi la parola era passata alle parti per un serrato confronto. Per lo Stato, secondo l’avvocato Di Martino, i riferimenti sono tali da ritenere che il quadro normativo sia completo. “Le ragioni di inammissibilità della legge regionale campana sono molto chiare”, ha detto. La disposizione nazionale (legge del 165/2004, “Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione”) parla di veto di terzo mandato se il presidente della regione ha conseguito due mandati elettorali. Ciò a fronte di un principio fondamentale stabilito dal costituente, dove si attribuisce la potestà in materia di elezioni alle regioni ma si costruisce un sistema legislativo concorrente che si concretizza nella individuazione di principi fondamentali declinati nell’articolo 122 primo comma della Costituzione. Questa norma, che è vincolata ad essere applicata non appena va in vigore la legge elettorale regionale, non può che essere inevitabilmente la conclusione del limite dei due mandati consecutivi che ogni legge regionale deve osservare. Secondo l’argomentazione dell’Avvocatura, il legislatore regionale della Campania, prima della legge regionale 16/2024 contro cui è ricorsa la Presidenza del consiglio dei ministri, aveva adottato la disposizione nazionale nel marzo 2009 (legge regionale 4/2009). “Non aveva esplicitato il principio (che vieta il terzo mandato consecutivo) ma non ce ne era bisogno, perché è il concetto di auto-applicazione dei principi da rispettare, per noi è definito molto chiaramente” e “si applica a prescindere da un riferimento formale”, ha spiegato l’Avvocatura. La condizione di operatività del principio che vieta il terzo mandato consecutivo sarebbe quindi secondo lo Stato l’entrata in vigore della legge regionale del 2009. “A noi pare francamente difficile ipotizzare qualcosa di diverso dalla sua immediata applicazione”. Pertanto, rispetto alla legge regionale 2024, “una cosa è certa: di incostituzionalità bisogna parlare. La stessa giurisprudenza richiamata dalla contro parte ci dice che non c’è la necessità di una legge di ricezione del principio”.
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