Umbria

Terni, Ast perde appeal occupazionale e il piano Arvedi sfuma nel silenzio e nel lutto


di Marta Rosati

Era il primo aprile del 2022 quando il cavaliere Giovanni Arvedi incontrò prima i sindacati, poi la stampa, per illustrare attraverso una sola slide il piano industriale, sottolineando marcatamente come per un miliardo di investimenti sull’acciaieria di Terni, pretendesse un accordo di programma con le istituzioni a ogni livello. La politica aveva già salutato con grande entusiasmo l’avvento di un gruppo italiano a capo della fabbrica di viale Brin e quell’intesa vincolante si disse si sarebbe concretizzata nell’arco di pochi mesi. Ne sono trascorsi 36 e non c’è nessun patto.

Arvedi-Ast Quello che si è consumato sin qui, un triennio di rinvii, questioni irrisolte ogni volta diverse, provocazioni, prove di forza e in generale una totale assenza di chiarezza, coi sindacati relegati fuori dalla porta delle stanze di elaborazione. L’ultima deadline, l’ennesima bruciata, l’aveva annunciata il ministro Adolfo Urso a fine dicembre scorso. La fine di febbraio doveva essere la scadenza per la firma, ma non si è ancora capito cosa le parti dovrebbero sottoscrivere. Nessuno, secondo quanto emerso dalle recenti dichiarazioni di parlamentari e amministratori in generale, ha mai visto una bozza di accordo; tuttavia il sindaco di Terni Bandecchi insiste col dire che si tratta di un’intesa esclusivamente di natura ambientale. Ad ogni modo il patto risulta, almeno oggi, definitivamente sfumato in assordanti silenzi delle parti protagoniste. Ma qualcuno dovrà pur riferire su quello che è il destino industriale della principale fabbrica dell’Umbria.

Il contesto mondiale «Il miglio è fermo – ironizza il numero uno della Fim Cisl Simone Liti -. Non siamo in condizioni di poter sapere se da fine dicembre a oggi sono stati compiuti passi in avanti nelle trattative tra Governo e azienda sul nodo energia e in generale sull’accordo di programma, ma intanto il tempo scorre e già questi tre anni ci hanno catapultato in un mondo diverso da quello del 2022. Se a Terni manca l’ammodernamento impiantistico e non c’è la possibilità di mettere mano all’organizzazione interna del lavoro, in un contensto in cui la Cina produce il 54% dell’acciaio mondiale e l’Usa impone dazi, mettendo l’Europa spalle al muro, il passo verso lo schiacciamento di piccole e medie imprese come Ast sarà breve».

Fuori il piano B Su una questione i sindacati metalmeccanici hanno una sola voce: «Se l’Accordo di programma non si raggiunge, l’azienda deve assumersi la reponsabilità di discutere il piano alternativo». Lo dice a chiare note il segretario della Fiom Cgil Alessandro Rampiconi: «Tra gli investimenti rivendicati dal Cavaliere nell’ultimo triennio, l’unico in linea con il planning presentato il primo aprile del 2022 è il walking beam, il forno di preriscaldo. Dopodiché gli impianti provenienti dal Bahrein possono rappresentare un valore aggiunto per arginare il fenomeno del collo di bottiglia (il disequilibrio tra i due forni di area a caldo e il laminatoio unico) ma abbiamo necessità di sapere da che parte stiamo andando; anche perché – sottolinea – paradossalmente, erano più dirette e vicine a noi le scelte ai tempi della multinazionale Thyssenkrupp che non quelle attuali del gruppo italiano». Già, perché le sorti di viale Brin si decidono a Cremona e le relazioni sono più difficili. «Peraltro – a proposito di Thyssenkrupp -, non è noto chi rappresenti, nel Cda, il 15% delle azioni che i tedeschi hanno mantenuto».

Accordo di programma «Noi crediamo ancora nella possibilità di un Accordo di programma – confida Simone Lucchetti della Uilm -, e siamo certi che la questione energia sia un tassello fondamentale da affrontare una volta per tutte. Riteniamo allo stesso modo indispensabile un investimento serio, costante, sostanzioso e sostanziale per la qualità ambientale. Pure in un contesto industriale mondiale fatto di giganti, la Uil ritiene che Ast possa ancora giocare un ruolo, ma serve solidità, serve la tranquillità della prospettiva che oggi manca, complici politiche che vanno nella direzione opposta». A proposito di poteri decisionali, questa corsa al riarmo, considerato il passato dell’acciaieria di Terni, potrebbe riportare indietro la fabbrica di qualche anno? «Potrebbe, ma eticamente speriamo di no. La guerra non è uno strumento che ci appartiene». E intanto nella realtà della fabbrica si cerca più dialogo: «Ci era stato promesso un nuovo modello di relazioni, fatto di maggiore coinvolgimento e condivisione delle scelte. Non si è ancora concretizzato».

Silenzio e lutto A regnare sulla fase di incertezza, figlia di un accordo di programma che non c’è, e di investimenti per larga parte fermi al palo, oltre a informazioni frammentarie, talvolta discordanti, se non addirittura prive di contenuti reali, è il silenzio. Nessuno che scopra effettivamente le carte: «Quanta scoria trattata vende Tapojarvi? qual è l’attuale durata della discarica prima che arrivi a saturazione?». Sono i quesiti che pone Giovacchino Olimpieri della Fismic, che più di altri non digerisce l’esclusione del sindacato dall’elaborazione dell’Accordo di programma (che poi non c’è): «In passato siamo stati parte integrante dei processi decisionali, oggi messi alla porta assistiamo a un’azienda che spegne a poco a poco la sua area a caldo favorendo l’ingresso di bramme dall’Indonesia, una fabbrica considerata un tempo l’aspirazione di molti, che oggi si svuota di professionalità, per effetto di chi preferisce cercare fortuna altrove perché il sito siderurgico non esprime più garanzia di futuro; le dimissioni sono all’ordine del giorno e il sistema degli appalti è strozzato da contratti a breve termine che non danno respiro nemmeno agli investimenti. La politica però a quanto pare non se ne preoccupa».

Sicurezza percepita A rimetterci sono i lavoratori: «Nella contrattazione di secondo livello, in termini salariali e di tutele siamo fermi ai tempi della Morselli» fa notare Liti (Fim). E le minuziose attenzioni dell’ex Ad Burelli sulla sicurezza sembrano ormai parte di un passato lontano: «La percezione della sicurezza – dichiara Rampiconi (Fiom) si è notevolmente ridotta. E non si tratta di quantificare gli investimenti, ma i carichi di lavoro e la difficoltà di accesso ai riposi pesa sulle mestranze. Allo stato attuale però – proprio per assenza di un piano industriale, incidere sull’organizzazione del lavoro è impossibile. Stiamo di nuovo al via dopo tre anni. Non è tollerabile. Di buono c’è solo la visione romantica del Cavaliere su alcuni aspetti. Lui non ama le chiusure e ‘Produrre, produrre, produrre’ è il motore delle sue aziende. Tuttavia l’occupazione non è in positivo, le manutenzioni sono ridotte, l’indotto ridimendionato, le pulizie anche. Si lavora di più in un ambiente meno sicuro».

Sanderson ustionato e morto E non a caso una mobilitazione era stata annunciata ma è stata sospesa per dare spazio agli scioperi a seguito del terribile infortunio costato la vita a Sanderson Mendoza, operaio Tapojarvi: «Una tragedia simile – puntualizza il segretario Ugl Daniele Francescangeli – non è secondaria a nulla. Tornerà in tempo delle rivendicazioni industriali, produttive e occupazionali». Ma gli interlocutori saranno pochi. La politica ha fallito: «Pronti a sederci al tavolo con la sola azenda per un ipotetico piano B, per gettare le basi di un rilancio senza ingerenze; concreti sugli interventi necessari sotto l’aspetto della sicurezza, dell’ambiente e soprattutto della forza lavoro, investimenti reali e fattivi in un confronto paritetico mettendo sul piatto necessità organizzative e impiantistiche. Altrimenti – tuona Francescangeli – vedremo di nuovo passerelle con grandi ricette e pochi fatti da parte di tutti».

Relazioni Il tragico infortunio intanto è un’ombra che si allunga su tutto il resto. E mentre la Fiom è stata lapidaria nel dichiarare che non ammetterà il racconto dell’errore umano, costituendosi parte civile nel futoro processo, dalla Fim la riflessione di Liti è che «morire sul lavoro, tanto più a 26 anni, è inaccettabile; tutti hanno diritto a un lavoro dignitoso, giusto, di prospettiva e sicuro. Le responsabilità saranno accertate dalle autorità competenti, ma sulla sicurezza abbiamo ancora tanto da fare. È necessario in questo senso aggiornare il protocollo Ambiente salute e sicurezza, nonché il contratto nazionale perché le rivendicazioni non sono solo salariali. La tecnologia può aiutare e la sfida si vince solo se aziende e sindacati lavorano di concerto».

Il futuro di Acciai speciali Terni «Era il 10 dicembre scorso quando, presso la sede di Finarvedi a Cremona, si svolgeva – ricorda Francescangeli dell’Ugl – una riunione piena di significato, che doveva traguardare degli obiettivi che vanno nella direzione di una visione congiunta fra lavoratori e azienda. Proprio in quella sede abbiamo chiesto la stabilizzazione degli interinali e l’assunzione di nuovi lavoratori. Nello specifico il dottor Caldonazzo si era reso disponibile alla richiesta della Ugl a fornire dati per intraprendere un percorso unitario per risolvere in ambito nazionale e soprattutto europeo il problema del caro energia. Purtroppo come ben noto, al Mimit c’è stato detto che la Regione Umbria e Azienda devono trovare un percorso condiviso per l’accordo di programma. Sono passati due mesi dalla scadenza, da parte della Regione tutto tace. Come Ugl – conclude – non presteremo il fianco a nessuno per creare ulteriori alibi su ciò che è meglio per il futuro di Ast».

Arvedi a Terni: «Ridaremo ad Ast la competitività che merita»

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