Tempi stretti e meno soldi. Nella corsa al nuovo Reddito anche l’ostacolo tecnologico
ROMA — Parte oggi la maratona per chiedere l’Assegno di inclusione, il sostituto del Reddito di cittadinanza voluto dal governo Meloni. L’iter per la domanda non è alla portata di tutti, visto che l’80% dei beneficiari, secondo lo studio di Bankitalia raccontato ieri da Repubblica, possiede al massimo la licenza media.
Iter complesso
Serve lo Spid per fare la richiesta sul sito dell’Inps. Bisogna poi registrarsi alla piattaforma Siisl sempre dell’Inps, sottoscrivere il Pad, il Patto di attivazione digitale, controllare costantemente l’account per vedere se arriva l’ok Inps, andare poi ogni 90 giorni ai servizi sociali o ai Centri per l’impiego, se non chiamati. Non proprio una trafila per famiglie (737 mila, secondo dati Inps ufficiosi) che vivono in povertà assoluta e lontane da tutto (metà dei disoccupati lo è da oltre 5 anni).
L’accredito sulla nuova “Carta di inclusione”
Ma il peggio verrà dopo, quando i primi soldi – in media 1.300 euro in meno all’anno, secondo Bankitalia per la stretta sui requisiti – caleranno nella nuova “Carta di inclusione”. E questo sarà a gennaio o a febbraio. A gennaio, se le famiglie riusciranno a completare l’iter entro il 31 dicembre, anche grazie ai patronati.
A febbraio per quelle che lo faranno a gennaio, quando saranno attivi anche i Caf. In questo caso avranno una ricarica doppia grazie alla deroga arrivata in extremis nella circolare Inps pubblicata sabato sera, dopo le proteste dei sindacati. Il rischio concreto che si stava materializzando era di perdere la mensilità di gennaio.
Basta un no all’unica offerta di lavoro in tutta Italia
Nei primi mesi dell’anno si entrerà nel vivo della rivoluzione meloniana. Gli adulti in famiglia che non sono over 60 e «non hanno carichi di cura», ovvero bimbi fino a 2 anni, devono attivarsi. Quando riceveranno l’unica offerta di lavoro che può essere in tutta Italia – se a tempo indeterminato – e la rifiuteranno, faranno decadere tutta la famiglia dall’Adi.
Un altro modo che il governo userà per fare cassa sulla misura, dopo la stretta sui requisiti e l’invenzione dell’Sfl, il Supporto per la formazione e il lavoro da 350 euro se segui un corso di lavoro, erogato al massimo per 12 mesi e non ripetibile, in vigore dall’1 settembre e sui cui esiti è calata una cappa informativa.
Abolire tutti i sostegni
L’obiettivo di Palazzo Chigi è abolire del tutto il sostegno prima o poi, anche nella nuova doppia versione di Sfl per chi ha tra 18 e 59 anni ed è senza figli minori, over 60, disabili o altri “svantaggiati” in famiglia. E di Adi, al debutto oggi, che la stessa legge meloniana del Primo Maggio definisce «misura di contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione sociale delle fasce deboli».
Povertà e disuguaglianze crescono
Contrasto che sarà sempre più fievole, come riportato anche dallo studio Bankitalia. La platea dei beneficiari viene di fatto dimezzata, 900 mila famiglie usciranno gradualmente da ogni supporto. Il risparmio dello Stato alla fine potrebbe persino superare gli 1,7 miliardi all’anno. «Il Reddito lo cancellerei mille volte, è una questione di giustizia», rivendicava ieri la premier Giorgia Meloni. Lo scopo è questo, anche con i sostituti del Reddito: Adi e Sfl.
L’intensità della povertà e l’indice di Gini che misura le disuguaglianze – dice ancora lo studio di Bankitalia del 14 dicembre – torneranno a salire con la stretta di questo governo. Più difficile accedere alle misure, meno soldi ricevuti, più probabile uscirne presto.
Corsi di formazione fantasma
I corsi di formazione che danno diritto ai 350 euro di Sfl ad esempio non sono mirati alle assunzioni. Molti non riescono neanche a prendere i soldi dopo averli finiti. Altri non ne trovano da fare sul territorio. Anche l’Adi sembra disegnato come un sussidio lungo solo in apparenza (18 mesi, rinnovabili per altri 12). In realtà è strutturato per sganciare tutti, prima o poi. Riportando l’Italia ultima in Europa, senza un reddito minimo per i poveri. Come nel 2018.
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