Tassa di soggiorno, impatto quasi nullo sulle scelte dei turisti e un impianto da difendere
di Daniele Bovi
La tassa di soggiorno, che in termini tecnicamente più corretti è un’imposta, ha un impatto tutto sommato quasi nullo sulle scelte dei turisti e la sua filosofia di fondo va difesa. Nelle ultime settimane diversi Comuni umbri sono intervenuti in materia: c’è chi, come Foligno, l’ha introdotta per la prima volta e chi, come Assisi (che da sola nel 2025 vale oltre il 20 per cento di tutte le presenze registrate in Umbria) l’ha ritoccata al rialzo. Idem per quanto riguarda Perugia, le cui tariffe erano al palo da un decennio e dove questa scelta andava probabilmente fatta da tempo, così da garantire più risorse per cultura, eventi e comparto turistico. Benché manchino analisi e numeri precisi, in Umbria i Comuni che hanno introdotto la tassa sono una trentina con un gettito superiore ai sei milioni di euro.
L’intervista Di tutto questo Umbria24 ha parlato con il professor Fabio Forlani, che insegna Marketing del turismo all’Università degli studi di Perugia. «In effetti – esordisce Forlani – il fenomeno in Umbria andrebbe studiato più in profondità». In generale, guardando all’elasticità della domanda «fondamentalmente la tassa non ha un grosso impatto sulle scelte dei turisti, anzi; il problema riguarda anche la segmentazione del mercato: i consumatori non rispondono in modo uguale e molto dipende dal tipo di prodotto, dall’occasione d’uso e dalle disponibilità del soggetto». Per il turista che decide di visitare l’Umbria una volta nella vita – prosegue Forlani – 1 euro in più a notte quando se ne spendono mediamente 100 per una camera ha poco valore; ancora meno per le fasce di mercato più alte.
Domanda rigida «Il turismo leisure – aggiunge – non ne risentirà. L’unica “sensibilità” che noi abbiamo registrato è quella relativa a chi organizza viaggi, il classico pullman di 50 persone con un prodotto relativamente economico; a quel punto 1 o 2 euro potrebbero farsi sentire». Di sicuro però chi vuol visitare Assisi ad esempio per l’ottocentenario della morte di San Francesco, continuerà a farlo senza “dirottamenti” dei bus verso altre destinazioni. «La domanda turistica – spiega il docente – è molto più rigida rispetto ad altri beni; non parliamo di caffè, pane o latte; è un qualcosa che acquistiamo una volta all’anno e dunque non mi aspetterei grandi conseguenze dalle decisioni dei Comuni umbri».
Impianto giusto In generale Forlani dipende l’impianto “filosofico” dell’imposta: «Io sono favorevole. Se dobbiamo rendere le città più a misura di studenti, lavoratori, turisti e così via ognuno deve pagare i servizi». La sede del corso di laurea in Economia e management del turismo è nel centro di Assisi «e qui – prosegue il docente – specialmente nei momenti di massima presenza misuriamo con chiarezza l’occupazione degli spazi; una imposta di questo tipo permette di gestire i servizi». Quel che è certo è che gli aumenti non piacciono alle associazioni di categoria: «Specialmente se ho un albergo in cui si guarda al singolo euro – dice Forlani – il prodotto potrebbe risultare meno competitivo, ma se vogliamo gestire il turismo in un’ottica di incremento della qualità e di impatto positivo su tutti i segmenti del territorio la tassa è necessaria».
Migliorie Miglioramenti del sistema potrebbero essere fatti, anche se non sarebbero di semplice attuazione. Un caposaldo è sicuramente quello della trasparenza, ovvero della necessità di spiegare con chiarezza come il gettito viene speso: le norme nazionali fissano un quadro entro il quale muoversi e poi i Comuni, come fatto da Perugia e non solo, possono fissare numeri e criteri ancora più chiari. Un tema è quello della progressività: «Non sempre le tariffe – dice Forlani riferendosi alle differenze che possono esserci fra strutture che ricadono nella stessa categoria – viaggiano di pari passo col numero di stelle o di girasoli (che è il sistema di classificazione degli agriturismi, ndr)», ma immaginare correzioni non è semplice. Idem per quanto riguarda l’impatto dell’imposta sui periodi di bassa stagione e in generale in un sistema dei prezzi impostato in modo dinamico dalle strutture a seconda del periodo.
Overtourism «Tutto è migliorabile – sottolinea il prof – ma il concetto di fondo è difendibile: non solo i cittadini residenti ma anche chi arriva da fuori deve contribuire alla gestione e al miglioramento dei servizi. Non si può transitare in modo irresponsabile». In tutto il globo un tema centrale quando si parla di turismo è quello dell’overtourism, che sembra per ora risparmiare un’Umbria che macina record di presenze: Forlani e chi lavora nel settore registra qualche problema al massimo in alcune date, come i ponti o alcune celebrazioni: «Oggi il problema non c’è ma se il trend di crescita è questo – spiega – la situazione va monitorata».
Flussi e qualità Centrale è la distribuzione dei flussi «che tendono a concentrarsi su mete iconiche, con una difficoltà – aggiunge il docente – a dirigerli verso altri territori. In Umbria potrebbe essere questa la tematica: i picchi dovrebbero “spalmarsi” anche in altre zone della regione. L’altra riflessione – conclude – va fatta sulla qualità: bisogna aumentare quella delle strutture e aggredire i segmenti di domanda più ricchi sulla scia di quanto fatto dalla Toscana: con margini superiori i benefici potrebbero essere maggiori per tutti».
Source link




