Salute

Svolta storica nel carcere di Terni: per la prima volta un detenuto ha incontrato la compagna nella ‘stanza dell’affettività’

Per la prima volta, nella storia delle carceri italiane, un detenuto ha avuto la possibilità di incontrare la sua compagna – per trascorrere con lei momenti di intimità – in una stanza attrezzata apposta per questo. Perfino con i murales alle pareti, dipinte da un altro ospite della prigione di Terni. A darne la notizia – sulla lista whatsapp “Bilancio” nata da un’idea dell’ex Garante dei detenuti Mauro Palma – è il magistrato di sorveglianza di Spoleto Fabio Gianfilippi. Protagonista anche lui, e vedremo perché, di quella che si può definire una vera rivoluzione nel mondo delle patrie galere.

Sono le 17 e 48 minuti quando Gianfilippi posta il seguente messaggio: “Care e cari, ha avuto luogo oggi, nel carcere di Terni, il colloquio intimo con la compagna del detenuto che si era visto accogliere il suo reclamo il 30 gennaio 2024”. Già, era stato proprio questo detenuto che si era rivolto a Gianfilippi rivendicando il diritto di poter incontrare la sua donna per un colloquio privato, e perché no, anche per poter avere con lei uno scambio affettivo. Gianfilippi, a sua volta, si è rivolto alla Corte costituzionale che il 30 gennaio dell’anno scorso ha deciso che sì, quell’incontro era possibile, perché configurava un diritto insopprimibile dei detenuti.

Ricordiamole quelle parole della Consulta perché, pur criticate da chi ha sempre negato questo diritto, hanno aperto alla fine, seppure dopo ben 15 mesi, una porta storica, quella dell’incontro di oggi. Scriveva allora la Consulta che l’Ordinamento penitenziario che risale al lontano 1975 era incostituzionale nella parte in cui “non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa a svolgere i colloqui con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia, quando, tenuto conto del comportamento della persona detenuta in carcere, non ostino ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina, né, riguardo all’imputato, ragioni giudiziarie”.

Ecco la novità, un colloquio intimo, senza il controllo delle “guardie”. Ovviamente avversato dal centrodestra carcerocentrico. E invece è successo oggi. E Gianfilippi lo ha raccontato così: “L’istituto di Terni ha attrezzato per il momento una stanza al piano terra, vicino alle sale colloqui, già utilizzata per molti anni da me per fare farli. I detenuti hanno sistemato, imbiancato, realizzato un locale doccia, rifatto il bagno, con impegno e molta gioia”. Ed ecco la descrizione minuta di quella stanza: “C’è un letto matrimoniale composto di due brande e sopra un materasso unico, un tavolino e due sedie, una televisione”. Poi un bel tocco di eleganza: “Un detenuto che ama dipingere ha fatto dei murales: una teoria di cuori, dei cigni, sopra tutto un grande “Ti amo”. È il primo letto matrimoniale installato in un carcere italiano”.

Già. Sta tutta qui la svolta veramente storica. L’esercizio di un diritto costituzionalmente riconosciuto. Che Gianfilippi, chiudendo il suo messaggio, chiosa così: “Io non sono mai riuscito a vederci morbosità. Per me ha l’aspetto umile, scabro, della dignità e parla di futuro”. Innegabile che sia così. Anche se l’incontro di oggi è arrivato dopo mesi e mesi. Giusto una settimana fa, dal Dipartimento delle carceri, il Dap, è finalmente arrivata la circolare di una dozzina di pagine che ha dettato le modalità per realizzare l’incontro riservato, a tu per tu, tra un detenuto e la sua donna. A sottoscriverla la direttrice “facente funzioni” Lina Di Domenico, già numero due dell’ex direttore Giovanni Russo, nominato dal Guardasigilli Carlo Nordio pochi mesi dopo il suo insediamento in via Arenula, in arrivo dalla procura nazionale Antimafia di cui era vice, ma che poi si è dimesso. Raccontano che Di Domenico, che ha lavorato in Piemonte, sia in sintonia con il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. Ma questa è tutta un’altra storia…

Rieccoci invece all’incontro. Dopo le parole di Gianfilippi – autore di molti altri interventi sulla Consulta per cambiare le regole delle prigioni i – esplode l’entusiasmo dello stesso Mauro Palma. Tre righe, ma indicative: “Ottimo, come accade talvolta, sono le prassi a farsi largo tra le ragnatele effimere delle circolari”. Un ovvio riferimento proprio alla circolare del Dap, giunta decisamentre fuori tempo massimo rispetto alla decisione della Consulta. Ma tant’è, basta l’esempio del fine vita, una sentenza del 2019, cui non è ancora seguita una legge del Parlamento, mentre le Regioni sono costrette a decidere autonomamente. E chi vuole porre fine alla sua vita deve andare in Svizzera.

Per una volta, vista l’assoluta storicità di questo momento, si possono citare le reazioni che appaiono via via nella lista “un bilancio”. Ecco i complimenti per Gianfilippi che arrivano da Gherardo Colombo, perché obiettivamente, questo magistrato ha aperto “una crepa” di importanza storica. E poi il costituzionalista di Roma Tre Marco Ruotolo che parla di “un’importante notizia”. E Giovanni Maria Pavarin, da sempre magistrato di sorveglianza, dire che “il diritto si fa strada con la testa e le gambe dei magistrati galantuomini”. E c’è anche Francesco Petrelli, il presidente delle Camere penali, che parla di “un contributo speciale di umanità e speranza”. Dozzine di messaggi, tutti dello stesso tenore.

Oggi è il giorno della svolta di quello che con una bruttissima locuzione è stato etichettato come “il sesso in carcere”. Le parole di Gianfilippi dimostrano che si tratta di tutt’altro. La possibilità di trattare umanamente un detenuto che, nella sua condizione, e grazie al suo comportamento, non deve rinunciare al suo diritto all’affettività. Proprio quella che gli può garantire una nuova e futura vita. Insomma, l’esatto opposto rispetto a quei 25 suicidi in carcere a oggi che raccontano tutta un’altra storia.


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