Cultura

Sunflower Bean – Mortal Primetime

Quarto album in studio per i newyorkesi Sunflower Bean. “Mortal Primetime” – questo il titolo del disco in questione (che a dispetto di ciò che potrebbe far pensare non è dedicato a LeBron James) – è un’opera che sfugge ai soliti schemi dell’alt-rock, trasportando, chi ascolta, all’interno di una capsula sonora che spazia su più fronti senza perdere mai di vista quella che è l’identità ancestrale di una delle band più interessanti in circolazione. In verità, Julia Cumming, Olive Faber e Nick Kivlen (questi i nomi dei componenti del gruppo) hanno attraversato un periodo di transizione, segnato dal trasferimento di Nick (e delle sue chitarre fiammeggianti) in California e dall’immersione di Olive in un nuovo progetto (Stars Revenge).

Credit: Lulu Syracuse

Ciònonostante, i Sunflower Bean sono riusciti a trarre il meglio dai suddetti cambiamenti, sfruttandoli quasi come una sorta di carburante linfatico, incanalando la loro reinvenzione in un album ricco di nuova convinzione. Già, perché all’interno del disco in questione si respira – in maniera piuttosto evidente – un senso di rinascita e di nuove certezze. Come nell’assolo fotonico di quel piccolo gioiellino che risponde al nome di “Nothing Romantic” (ma che voce ha Julia? Standing ovation). Anche nei momenti più tranquilli dell’album, sia che si tratti dell’eterea “Waiting for the Rain” o della sognante e introspettiva “There’s a Part You Can’t Get Back”, la band trasuda consapevolezza da ogni nota. Poco ma sicuro.

Chi scrive, però, si è dannatamente infatuato della traccia numero quattro del lotto. Signore e signori perdonate – se potete – l’entusiasmo del recensore al riguardo, ma “Look What You’ve Done To Me” è un campionario di stile e lungimiranza musicale da fare quasi invidia alle formazioni più “blasonate”. E lo stesso discorso, se vogliamo, potremmo estenderlo pure alla (splendida) “I Knew Love”, una delle ballad più rappresentative dei Sunflower Bean. Per carità, lungi dal sottoscritto asserire che sia tutto oro ciò che luccica, e qualche difettuccio qua e là appare facilmente riscontrabile. “Shooting Star”, per esempio, non riesce quasi mai a decollare, lasciando nell’ascoltatore una sensazione di grigia incompiutezza, mentre l’iniziale “Champagne Taste” è così “Ramones” da rasentare quasi lo scimmiottamento fine a sé stesso.

In definitiva, ci troviamo al cospetto di un disco in cui ogni melodia possiede il suo peso silenzioso, rivelando una band in sintonia con le proprie fondamenta e con l’eleganza di un ritornello ben piazzato. In soldoni, quella dei Sunflower Bean più che assomigliare a una specie di reinvenzione musicale (che al quarto capitolo in studio ci starebbe pure), è una vera è propria resa dei conti. Julia Cumming e soci potevano lasciarsi andare al peso delle aspettative e perdersi tra i vicoli ciechi della monotonia. Epperò, fregandosene del baratro esistenziale (dovuto ai cambiamenti di cui sopra) i Sunflower Bean hanno preferito gettare la resilienza oltre l’ostacolo; e a giudicare dall’ottima resa di “Mortal Primetime”, hanno fatto più che bene.


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