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Sulla poesia persiana classica di Marco Calzoli

Riflessioni Filosofiche

Riflessioni Filosofiche   a cura di Carlo Vespa   Indice

 

di Marco Calzoli Giugno 2025

Bahr è il termine tecnico con cui in arabo e in persiano ci si riferisce alla scienza della aruz, ovvero la scienza della metrica. Bahr indica uno dei sistemi metrici della poesia persiana che ha delle specificità rispetto alla metrica araba. Il bahr in generale è un contenitore più grande, che raccoglie diversi tipi di metri. La scienza metrica è un elemento portante, costituzionale della letteratura persiana, araba, del mondo islamico, come lo è anche in qualsiasi ambito letterario in cui c’è un discorso sulla ritmica. Il sistema di fondazione del verso è costituito dall’alternanza di sillabe lunghe e sillabe brevi. È un sistema di tipo quantitativo come quello della poesia latina. La scienza, la disciplina, la forma di conoscenza dell’aruz suddivide una serie di metri fondamentali che hanno molte varietà al loro interno. Il primo sottoinsieme si chiama bahr (sono i nomi dei diversi tipi di metri) il quale ha al suo interno un’infinità di variazioni. Sotto il bahr c’è il vazn, che vuol dire letteralmente “peso” e è nello specifico il metro in cui è scritta una poesia piuttosto che un’altra.
I generi principali della poesia persiana di corte dell’XI secolo, ovvero nel momento della sua definitiva strutturazione letteraria, sono quattro:

Si dà spazio soprattutto alla poesia lirica, un po’ al panegirico ma molto poco alla invettiva. Il ghazal è paragonabile al nostro sonetto. Nel penultimo verso il poeta inserisce il proprio nome.
L’invettiva, o poesia oscena, ha un ruolo costitutivo nella letteratura persiana, non è un divertissement marginale o straordinario od occasionale, è proprio una struttura fondamentale.
Per quanto riguarda la poesia elegiaca dobbiamo pensare alla qasida, un genere che nella cultura letteraria araba è fondamentale. Se andiamo dall’età timuride e safavide ad oggi, essa ha un peso enorme con la testualizzazione della cultura del martirio duodecimale. A partire dal Cinquecento soprattutto si assiste ad una fioritura di un vero e proprio genere letterario, che è squisitamente un super genere che raccoglie molte sezioni particolari di poesia elegiaca. Con l’elegia si entra in uno spazio sociale: la letteratura diventerà un vero e proprio spazio sociale in cui si costruiranno l’insieme di riti chiamati rowze khanii, lettura della rowze. Si tratta di una ritualità letteraria che nell’Iran contemporaneo ancora esiste ed è fondata sulla lettura, o meglio sulla recitazione: è la prima parte di un titolo di un’opera importantissima in prosa “rawzat al shuadā”, “Giardino dei martiri”. Questo è un testo dei primissimi anni del Cinquecento di un autore molto importante, soprattutto nella prosa persiana, autore di età timuride attivo nelle corte di Herat fra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento e primissima età safavide. È un’opera che raccoglie le tradizioni elegiache sulla morte di Imam Husayn (as) e dei suoi familiari in un grandissimo testo di grande bellezza anche letteraria dove il genere elegiaco si fa struttura sociale. Poiché trasforma il genere elegiaco in testo fondante di quello che sarà uno dei pilastri dell’età safavide, nel periodo in quale verrà istituzionalizzata la letteratura del martirio.
La qasida è il termine con cui si definisce la forma poetica più importante della letteratura araba e persiana, è un componimento in versi caratterizzato da una lunghezza superiore a quella del ghazal, di tematica perlopiù panegiristica oppure filosofica o devozionale ed è la forma principe della prima età della letteratura persiana, anteriore rispetto al ghazal, che nasce come forma poetica dal XII secolo in poi.
La qasida persiana classica normalmente è divisa in tre parti:

  • Nasi(-su)b: è l’introduzione lirica, erotica, bacchica, anacreontica, bucolica

  • Ghorizgāh: parte centrale della poesia

  • Madih: elogio del sovrano

Il quinto genere è il zod, zohed. Qui viene in luce l’aspetto devozionale che è assente nell’XI secolo. Zod è una parola araba che significa “ascesi”, “devozione”; lo zayd è l’asceta, il devoto, colui che segue regole rigorose. Esiste un genere della qasida già in età abbaside che si chiama proprio zodiyyat “poesia di ascesi”, “poesia di devozione”: essa dunque è il genere letterario che tratta di questioni spirituali, mistiche. Dal super genere della poesia devozionale poi si sviluppa la poesia mistica (zod), che in seguito diventerà un termine negativo in quanto verrà collegato all’ipocrisia sociale: lo zohed già a partire dal XII secolo acquisisce un’altra figura e incomincerà ad indicarne l’ipocrisia sociale dell’ortodosso che vuole mostrare e a questa figura e quindi anche il concetto di zod verrà sostituito un altro concetto positivo, che perdura fino ad oggi, ‘aif, colui che ha una conoscenza profonda, lo gnostico e a zod si sostituisce con il termine airfon “conoscenza profonda”, “gnosi”. Concetti fondamentali della poesia in ambito devozionale e simbolico.
Altra nota riguardo la letteratura persiana, sempre in ambito spirituale. La figura del sufi, tasawwuf , in ambito letterario persiano non ha una valenza sempre positiva, anzi è più sinonimo di zohed e zod che di airfān e ‘aif: si impara presto a distinguere tra i sufi veramente mistici (airfan) e il sufismo sociale istituzionalizzato di confraternita come forma di potere.
Nel 1682 in un contesto sufi a Delhi si dicono alcune cose interessantissime sul linguaggio. L’autore, un sufi, parla in terza persona umiliandosi: “Rende chiaro che la parola\il verbo\ il logos è antico\primordiale ed eterno perché la parola\il verso è uno dei sette attributi divini quindi siccome l’essenza di tutto ciò che esiste (il nucleo esistenziale, cioè il divino) è antico ed eterno, anche i suoi attributi sono eterni”. Dopo qualche riga dice: “Quindi fino a quando la primavera delle parole sarà in ebollizione ogni lingua con espressioni variopinte prenderà forma (le parole sono come fiori che continuano a sbocciare in eterno). Le lingue avranno un grado di livello maggiore se faranno discorsi dotati di vazn”. Cioè le parole dotate di metro sono superiori rispetto a quelle senza metro (la poesia è più importante della prosa).
Per il nostro autore sufi i poeti vengono messi in relazione con i gradi più alti della società. “La relazione tra i nobili poeti e i profeti è di reale vicinanza poiché in rapporto con la fonte delle grazie e il mondo invisibile”. Nezami, grande poeta persiano del XII secolo, in un verso canterà che nella schiera dei grandi un passo indietro ci sono i poeti e un passo avanti ci sono i profeti.
Ora analizziamo brevemente un testo persiano classico, è il nasib tratto da Manuceri:

 

È giunta la primavera e ha portato fiori e gelsomini, il giardino è come il Tibet(1) e le pendici del monte sono come l’eden,
il cielo ha piantato la sua tenda di raso e broccato azzurro(2) e i picchetti sono i virgulti (3) di rose canine e gelsomini.
(4)Il giardino si direbbe che è diventato un tempio di idoli di Farcat (5), gli uccellini come Shaman(6), e i freschi germogli sono come idoli(7) (8) . Sulla pianta del piede dello Shaman, il suo idolo ha dato un bacio, ma come mai l’idolo bacia il piede allo Shaman?(9) La pernice(10) suona i campanellini, gli storni suonano il santur(11), la colomba il flauto e l’anatra il tamburo. La silvia suona nelle note del rost sul ramo del platano e la tortora(12) suona nelle note del boate sul ramo del melograno. La pernicie ha indossato sul suo corpo una camicia di raso e con la pece ha intrecciato le due parti della camicia. L’upupa ha messo una lettera nella sua testa, a volte la apre a volte la richiude. La colomba è un giocoliere, ha legato un filo nero intorno al suo collo.  Per lo splendore della rosa se il demonio(13) viene ad assalirti (sopra di te) le due gote non le puoi distinguere da quelle di una fata(14). Il fresco narciso sembra il pozzo del mento, se argento fosse il mento e il pozzo d’oro(15) e come un’aurea coppa sulla mano di un idolo d’argento o la sfavillante lampada nel mezzo delle Pleiadi. Quel fiore di melograno facendo come un petalo dell’euforbia rossa ha legato nel suo cuore un pezzettino di muschio di Hotan (nero), il gelsomino rosso come due labbra (il becco) del pappagallino maschio la cui lingua è di oro infilato nella bocca”.

 

La qasida ha tra le caratteristiche principali quella di avere i primi due emistichi che rimano tra loro. Sia la qasida che il gazal sono monorimici. In questa qasida la rima è ana. In persiano la rima è detta qafiyia. Una caratteristica è l’impossibilità di far rimare elementi grammaticali. La qafiya di due elementi grammaticali è una qafiya difettiva. Questo perché il poeta secondo alcuni trattati costruisce il testo proprio a partire dall’individuazione iniziale delle parole rima. La raccolta dei termini che hanno una possibile rima è uno strumento importantissimo per i poeti dell’epoca.
I personaggi sono uccelli e fiori, questi due soggetti fanno un’azione analoga. L’aria si musicizza, con il modo – termine tecnico della musica persiana, che è una musica modale come quella indiana, formate da scale di note. Il poeta deve conoscere una quantità di cose, deve essere un tuttologo uno che ha una competenza in tutte le forme d’arte e nelle scienze fondamentali che sono infuse nella corte dell’epoca. Il poeta non deve essere un professionista di metafore, di immagini che vengono costruire non da lui ma dalla tradizione, nel corso di tutta la storia della letteratura persiana, a noi difficilmente ricostruibili.
La costruzione di relazione intratestuali profonde, che sono fatte sulle basi di elementi linguistici che compongono il testo. Così come l’analogia formale è una struttura che serve per istituire delle immagini e delle metafore plausibili, tra i diversi emistichi all’interno del componimento stesso con richiamo di diversi bayt.
L’upupa (ricchissima di riferimenti nell’ ambiente della scrittura nel quale l’autore stesso si muove) ha tante caratteristiche in persiano, ha anche molto a che fare con le storie del sufismo in età successiva. L’upupa ha una specie di crestina, è simbolo di una messaggera perché porta sul capo come una lettera – fatta a pieghe che si aprono e si chiudono. Essa tiene rapporti tra Salomone e la Regina di Saba, serve a trasportare il messaggio e porta la lettera perché sulla sua lettera apre questo foglio fatto di piccole pieghe. Siamo nell’XI secolo, in cui si inizia ad utilizzare a piene mani la carta in questo contesto – siamo a Bukhara e Ghazna e la carta in Occidente ancora nel 1030 non è usata, mentre nel mondo musulmano si utilizzava dapprima la pergamena, mentre la carta si sarebbe diffusa a partire dalla battaglia del fiume Talash, in quello che oggi è il Kirkikistan. I prigionieri cinesi vennero condotti a Samarcanda, dove c’erano dei cartai gente che sapeva fare le carte e svelano il segreto di come si fa questo materiale, da lì la carta si diffonde nel mondo islamico. “Upupa messaggera ha messo una lettera nella sua testa a volte la apre a volte la richiude tra le pieghe”.
Rosa è gol, ma è anche il fiore in generale, oppure il fiore per eccellenza. Qui entra per la prima volta un personaggio umano attraverso l’immagine della rosa, l’autore introduce un amato “nello splendore della rosa (immagine molto iranica) viene ad assalirti sopra di te”, bar è il petto, ciò che sta davanti, “se ti assale con le due gote non le puoi distinguere da quelle di una fata”. Il colore del bar è il rosso: è il Demonio, è un concetto antichissimo. Il mondo non materiale, il mondo del pensiero nel periodo dell’VIII-IX secolo a.C. è il principio del male.
Complicatissima l’immagine introdotta dal narciso. Vediamo di dipanarla. Il narciso è un altro fiore importante. Il poeta osserva la realtà e dà delle indicazioni. Il narciso è appena sbocciato, “sembra il narciso nuovo la fossetta del mento”: c’è un paradosso, di solito il viso è d’oro, ha la corolla bianca e i pistilli gialli, ma è diventato come il pozzo del mento e il mento in questo mondo che si sta codificando come l’oggetto d’amore, un mento bianco senza barba (argenteo) e che ha una fossetta al centro che è un pozzo nel quale si cade. Pozzo d’amore nel quale si cade: nella fisiologia amorosa il corpo è come una geografia in cui avvengono degli eventi. Siccome l’amato mi fa diventare ebbro quando cammino con la mente lungo il suo corpo, cado nel pozzo del suo mento. Il paradiso è un giardino e mi viene in mente una cosa specifica, ovvero il pozzo del mento dell’amato, come se il pozzo fosse una monetina d’oro e il mento fosse d’argento. Questo narciso sarebbe il mento del mio amato – l’inventiva linguistica è sconfinata, grazie alla creatività. E ci sono degli elementi comuni che verranno poi rimodulati. Il narciso è aperto e diventerà anche un’immagine degli occhi.
Oro e argento, poi nella letteratura oscena saranno delle cose specifiche.
Con un narciso sono scaturite fuori tre immagini:

  • una mano aperta con i petali

  • il pozzo dorato

  • il motivo astronomico: una lampada sfavillante, un sole immaginato.

Con lo sfondo delle Pleiadi abbiamo un paradosso, perché il sole non è più.
Facendo come un petalo, che nel suo proprio fondo si è legato a un pezzettino di muschio, anche il melograno sembra un’euforbia, come il muschio che si portano dietro le gazzelle nell’Asia Centrale, si trovano nella zona Centro Asiatica, è un luogo buddista da dove provengono oggetti ed elementi. La gazzella scappa e il Budda è di una bellezza irraggiungibile.

Marco Calzoli

NOTE

1)  La questione di significato del verso è costruita sulla base di corrispondenze precise. In questo caso la corrispondenza è tra il giardino del re e il mondo esterno. La montagna viene paragonata al giardino dell’eden e l’altro con un luogo reale ma tropicale, ovvero il Tibet. Ma perché il Tibet? Egli scrive la qasida ad Arzan, si tratta di un’area molto orientale dell’altopiano iranico. esiste nella cultura letteraria persiana la costruzione di una geografia euroasiatica molto vasta: i centri della produzione della letteratura si formano su una frontiera che sta tra il mondo iranico islamizzato, il mondo iranico e il mondo cinese. La letteratura quindi proietta gli elementi culturali che si trovano nei vari centri e qui convergono esperienze di diversissima origine che vengono interpretati in un sistema letterario comunitario. Si forma quindi un sistema di segni cosmopolita che guarda in tutte le direzioni e una volta formato viene ripiegato nelle diverse situazioni. La letteratura persiana ha nella costituzione di base proprio questi tratti che manterrà nel corso della sua progressione storica. Il Tibet è un luogo incluso in questa geografia e nelle geografie che in quel momento si scrivono. Il Tibet è anche inteso come luogo paradisiaco perché da lì proviene la gazzella del muschio (dal Tibet provengono anche gli idoli).

2)  Introduce il gusto per gli oggetti preziosi conosciuti dal poeta. I due termini sono tipologie preziose di seta. La seta in questo mondo ha un peso economico rilevante.

3)  Il Poeta immagina che la tenda sia tenuta da picchetti di rose e gelsomini.

4)  Verso che merita una spiegazione. Lo Shaman indica i monaci buddisti. Si tratta di una parola che deriva dal sanscrito (sramana, che passa in neopersiano attraverso il sordiano, lingua iranica dell’Asia Centrale che si parlava proprio nell’area dove nasce la letteratura in neopersiano, cioè Bukara e Samarcanda). Nel mondo iranico fino all’età protoislamica il buddismo era una corrente importante, al punto che Balk (Afghanistan) è sede di un importantissimo tempio buddista (Nawbahar, termine che deriva dal sanscrito nava-vihara “nuovo tempio”) che diventerà nella poesia persiana il luogo di bellezza per eccellenza. Il giardino nel suo insieme è il locus dove avviene la storia di amore, quindi è un tempio di idoli.

5) Bodaneie farcat: un tempio di idoli di Farcar. Farxar è la forma sordiana di niara che vuol dire tempio buddista. Budxane è la casa del Budda, che è il niara.

6)  Monaci buddisti. Lo Shaman è il personaggio che nella realtà storica adora il Budda. Siamo in un’epoca in cui i monaci buddisti dalla Cina effettuavano pellegrinaggi verso l’India. Lo Shaman è quello che ama il Budda. Si forma così nella letteratura persiana la coppia Shaman-Budda, che diventa quella per eccellenza per descrivere l’amante e l’amato su cui si costituiranno tutta una serie di immagini che corrispondono ad amanti classici.

7)  Basan: idolo, in altri versi la parola per indicare idolo è got, la quale è anche essa una parola di origine sordiana che significa Budda. Una delle parole più ricorrenti nell’ipertesto della letteratura persiana così come la parola “Budda”, che per antonomasia diventa l’idolo più bello nel canone di bellezza dell’arte centro asiatico. Tutto ciò che è meraviglioso e bello viene classificato come “bello come il Budda”.  In questo senso il Tibet è un paradiso perché ci sono i Budda.

8)  L’alef finale di taramnun.

9)  Conclude l’immagine con una domanda retorica (quando mai vediamo nella iconografia che gli idoli baciano i piedi agli Shaman? Semmai capita il contrario).

10)  Nella letteratura persiana connessa alla lingua persiana.

11)  Strumento che ha la forma di un rombo di legno con sopra le corde metalliche.

12)  La costruzione di relazioni intratestuali profonde sulla base di tratti comuni degli elementi linguistici che compongono il verso. In persiano la tortora recita una frase “iusuf ku” “Dov’è l’amato?” ovvero “Dov’è quello per cui io sono ebra d’amore?” e infatti intona il bade, lett. “vino” sul ramo del melograno che ha i fiori rossi come il vino. Tra questi tre elementi vi è una forte relazione.

13)  Ahriman è un personaggio presente in tutta la tradizione persiana. È l’esito neopersiano di una parola diffusa in tutto l’ambiente dello zoroastrismo. Qui è la figura di un demone contrapposto alla fata.

14)  Entra in scena per la prima volta un personaggio umano.

15)   Per pozzo si intende la fossetta del mento.

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Marco Calzoli è nato a Todi (Pg) il 26.06.1983. Ha conseguito la laurea in Lettere, indirizzo classico, all’Università degli Studi di Perugia nel 2006. Conosce molte lingue antiche e moderne, tra le quali lingue classiche, sanscrito, ittita, lingue semitiche, egiziano antico, cinese. Cultore della psicologia e delle neuroscienze, è esperto in criminologia con formazione accreditata. Ideatore di un interessante approccio psicologico denominato Dimensione Depressiva (sperimentato per opera di un Istituto di psicologia applicata dell’Umbria nel 2011). Ha conseguito il Master in Scienze Integrative Applicate (Edizione 2020) presso Real Way of Life – Association for Integrative Sciences. Ha conseguito il Diploma Superiore biennale di Filosofia Orientale e Interculturale presso la Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa – Istituto di Scienze dell’Uomo nel 2022. Ha dato alle stampe con varie Case Editrici 51 libri di poesie, di filosofia, di psicologia, di scienze umane, di antropologia. Ha pubblicato anche molti articoli. Da anni è collaboratore culturale di riviste cartacee, riviste digitali, importanti siti web.


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