Su pollo e rischio tumori ha ragione Unaitalia, ma i problemi nel settore ci sono eccome
Sui risultati degli studi scientifici bisognerebbe andarci coi piedi di piombo, ma attenzione a non guardarsi solo l’ombelico.

A toccare i capisaldi dell’industria alimentare nazionale si rischia di venire contestati. Anzi, il rischio è praticamente prevedibile, e in questo caso la discussione ruota intorno alla carne bianca. Se è sempre stato il consumo delle varianti rosse a destare più preoccupazioni in merito agli effetti sulla salute, un recente studio svolto dall’IRCCS De Bellis (ente ospedaliero specializzato in gastroenterologia) dimostra che il pollo non è poi da meno in quanto a influenza sullo sviluppo di tumori. Unaitalia, l’Unione Nazionale Filiere Agroalimentari Carni e Uova, non è affatto d’accordo e ci tiene a dire la sua.
Carne bianca sì, ma con cautela
Unaitalia, hai ragione, ma solo in parte. Ogni nuovo studio pubblicato andrebbe preso con le pinze; non per mancanza di fiducia nella scienza, ma per necessità di contestualizzare, confermare con ulteriori ricerche, confrontare con altre fonti. E lo stesso vale per la freschissima indagine condotta dall’IRCCS De Bellis di Castellana Grotte, in provincia di Bari.
Secondo i dati della ricerca, “il consumo della carne di pollo in quantità tra i 100 ed i 200 grammi alla settimana aumenta del 35% il rischio di morte per tumori gastrointestinali“. Un’affermazione che rema contro il dogma diffuso secondo cui è la carne rossa è causare più probabilmente il cancro.
L’istituto ospedaliero, invece, cita di certo anche questo alimento di origine animale, ma stando ai numeri e allo specifico contesto, la descrive come meno pericolosa del pollame: “la carne rossa aumenta il rischio di morte per tumori gastrointestinali del 23% soltanto se consumata oltre i 350 grammi la settimana, confermandosi un alimento sano se consumato entro i limiti raccomandati“.
Unaitalia, però, alza il sopracciglio, e a fargli eco (almeno sul ragionamento di base) è anche la dottoressa Elena Dogliotti, biologa nutrizionista della Fondazione Veronesi. Riassumendo il pensiero condiviso, serve cautela nell’interpretare i dati, senza causare inutili allarmismi. Per la maggior parte, la letteratura scientifica non riconosce a oggi un maggiore rischio di sviluppo tumori direttamente legato al consumo di carne bianca, e lo stesso studio pugliese ha delle limitazioni in termini di metodologia.
Ma c’è un ma, che ne racchiude tanti. Al di là del pericolo oncologico, il pollame non è affatto esente da rischi, in una filiera italiana che è seconda in Europa per consumo di antibiotici negli allevamenti (per non parlare dell’aspetto etico e ambientale di un settore in cui gli animali sono l’ultima ruota del carro).
Oltre a questo, la comunità scientifica è molto più cauta oggi nel consigliare di assumere carne di pollo: lo ricorda la stessa dottoressa Dogliotti, e noi facciamo riferimento anche al recente aggiornamento della dieta mediterranea, dove qualsiasi tipo di carne è rimasto più indietro, cedendo il passo agli alimenti di origine vegetale. Allarmismi no, quindi, ma cautela sì.
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