Stuprata per 10 anni da 51 uomini. Cosa c’è dietro: “Il marito un sadico sessuale”
“Non sono io a dovermi vergognare, ma loro“. Lo ha detto Gisèle Pelicot intervenendo al processo per “stupro di massa” che vede imputato l’ex marito di 72 anni, Dominique Pelicot, e altri 50 uomini davanti al Tribunale penale di Vaucluse ad Avignone. Le accuse nei confronti dell’uomo sono gravissime: ha reclutato decine di sconosciuti online per abusare della moglie, sedata e resa incosciente mediante la somministrazione di ansiolitici, nella loro casa di Mazan, nel sud della Francia, mentre lui filmava le violenze. “Barbarie“, come le ha definite la vittima, che sono perpetrate per ben dieci anni, dal 2011 al 2020.
Il 19 dicembre 2024, il 72enne è stato condannato a 20 anni di reclusione per stupro aggravato, la pena massima prevista dal codice penale francese per il reato di stupro con circostanze aggravanti. Mentre sono state inflitte pene inferiori, dai 3 ai 13 anni di reclusione, agli altri imputati.
L’antefatto
Il calvario di madame Pelicot inizia 4 anni fa. È il 12 settembre del 2020 quando l’allora 67enne Dominique viene sorpreso da un addetto alla sicurezza del supermercato Leclerc di Carpentas mentre filma sotto la gonna di alcune donne. L’uomo viene identificato e arrestato dalla polizia locale. La mattina seguente la procura di Carpentas decide di revocare il fermo, ordinando però una perizia psichiatrica e l’analisi dei dispositivi tecnologici (telefono e pc). Gli investigatori scoprono che l’uomo interagisce con decine di sconosciuti online, tramite il sito di incontri coco.gg (ora disattivato), e li invita ad avere rapporti sessuali con la moglie nella loro casa di Mazan. Non solo. Gli abusi vengono filmati e le registrazioni salvate in una cartella chiamata “ABUS” (abusi, in francese ndr) su una chiavetta usb di Pelicot. Si contano circa 200 video di stupri avvenuti nella camera da letto della coppia dal luglio del 2011 al settembre del 2020. (fonte Le Parisien)
Come Gisèle Pelicot ha scoperto gli stupri
Il 2 novembre del 2020, i due coniugi vengono convocati nel commissariato della polizia di Carpentas. In una stanza c’è Dominique che, messo davanti alle evidenze, ammette le proprie responsabilità. In un’altra stanza, a colloquio con un agente, c’è Gisèle. Il poliziotto l’avverte: “Le farò vedere cose che non le faranno piacere”. Alla donna vengono mostrate una serie di fotografie che la immortalano sul letto con “strani indumenti addosso” e in stato di incoscienza. All’inizio Gisèle fa fatica a riconoscersi, poi realizza di essere stata vittima di brutali abusi: “Sono scene di violenza, sono inerte, addormentata, e mi stanno violentando. – racconterà successivamente – Anzi, violenza non è la parola giusta, è una barbarie”. Due giorni dopo, il marito viene arrestato.
Il modus operandi di Dominique Pelicot
Le successive indagini di polizia accertano il modus operandi di Pelicot. È lui a fornire istruzioni sulle modalità con cui gli sconosciuti dovranno interagire con la moglie, resa incosciente mediante la somministrazione di benzodiazepine. Gli accordi, definiti con i diretti interessati su skype, prevedono una serie di accorgimenti come, ad esempio, parcheggiare l’auto a distanza dall’abitazione per non destare i sospetti dei vicini, non fumare sigarette per evitare di lasciare tracce olfattive. Una volta entrati in casa, gli uomini vengono invitati a spogliarsi in cucina e a parlare sottovoce. Infine devono assicurarsi che le mani siano a tiepide, in modo da non svegliare la vittima. L’uso del preservativo è discrezionale. (fonte 20minutes.fr)
Chi sono i presunti stupratori
L’inchiesta entra nel vivo nel giro di pochi mesi. La polizia individua 83 presunti stupratori, dei quali 54 identificati (i 51 del processo, compreso Pelicot, un 52esimo nel frattempo morto e altri due rilasciati per insufficienza di prove). Si tratta di uomini in età compresa, all’epoca dei fatti, tra i 22 e i 78 anni. Svolgono professioni e lavori disparati: pompiere, ex soldato, guardia carceraria, consigliere comunale, falegname, idraulico, ingegnere, perito informatico, piastrellista, giornalista, infermiere, fattorino, magazziniere e camionista. Alcuni sono in pensione. Trentasette sono sposati o con figli. Ventitré sono già stati condannati da vari tribunali francesi per violenza domestica e due per violenza sessuale. A cinque imputati viene contestato anche il reato di detenzione di materiale pedopornografico. Tredici uomini hanno dichiarato di fare uso di sostanze stupefacenti o alcol, altrettanti di aver subito abusi durante l’infanzia, compreso Pelicot. (fonte La Provence)
Il processo
Sulla scorta di una consistente mole probatoria, la procura di Avignone chiede il rinvio a giudizio di Dominique Pelicot e altri 50 indagati per stupro con circostanze aggravanti (uno solo è accusato di molestie). Il processo inizia il 2 settembre 2024 e si celebra davanti a cinque magistrati del Tribunale penale di Vaucluse. Gisèle Pelicot chiede che le udienze vengano celebrate a porte aperte, nonostante la legge francese preveda la massima tutela per le vittime di reati sessuali, e che il suo nome sia reso di dominio pubblico (fino ad allora la stampa aveva usato lo pseudonimo di Francoise P.) Una scelta dettata dalla volontà di “cambiare la società” e per rappresentare tutte le donne vittime di stupro. “Forse una mattina una donna che si sveglia senza memoria penserà alla mia testimonianza – spiega madame Pelicot –Vorrei che le donne dicessero: ‘Se ce l’ha fatta la signora Pelicot, posso farlo anche io’”.
L’udienza di Dominique Pelicot: “Sono uno stupratore”
Il 17 settembre Dominique Pelicot parla per la prima volta in aula. “Confesso tutti i fatti di cui sono accusato, senza eccezioni”, ammette senza troppi giri di parole. “Sono uno stupratore. Lo sono quanto loro“, dice rivolgendo lo sguardo verso gli altri imputati. Alcuni negano di sapere che la vittima fosse sedata. “Tutti loro conoscevano lo stato di mia moglie prima di venire, – replica Pelicot – sapevano tutto, non possono negare“. Il 72enne prova a giustificarsi raccontando di aver subito abusi durante l’infanzia e del rapporto con il padre violento: “Non si nasce perversi, si diventa“. Poi, tra le lacrime, chiede ripetutamente perdono alla ex moglie: “Gisèle non se lo meritava“. E ancora: “Avevo una dipendenza, avevo dei bisogni che ho soddisfatto da egoista. E me ne vergogno. Anche se è paradossale, non ho mai considerato mia moglie come un oggetto. Purtroppo i video mostrano il contrario”. I magistrati gli chiedono spiegazioni riguardo all’archivio degli orrori. “Prima di tutto c’era un elemento di piacere, – dice – ma era anche una garanzia. Oggi, grazie a questi video, possiamo trovare chi ha partecipato“. In aula c’è anche la figlia del 72enne che sostiene di essere stata anche lei drogata dal padre. Pelicot respinge le accuse nonostante sia stata ritrovata una foto della giovane donna nuda (alcuni ritengono che si tratti di un fotomontaggio ndr): “Non ho mai toccato, drogato né scattato foto di mia figlia. Per me è come i miei nipotini, sono dei gioielli, non si toccano“. (fonte Le Devoir)
L’ultima udienza di madame Pelicot
Il 19 novembre Gisèle Pelicot testimonia per l’ultima volta al processo. “Non ho molto altro da aggiungere a quello che ho detto quando questo processo si è aperto. La società a questo punto deve pensare a come banalizza un tema come quello dello stupro e della violenza di genere. Per un periodo di tempo ho pensato di essere malata, in realtà ora scopro che erano gli effetti dei farmaci che assumevo mio malgrado e che mi stordivano. Ogni giorno sembrava una condanna a morte per me”, dice. I magistrati le chiedono perché non porti rancore nei confronti del marito: “Perché mi sento ancora una persona positiva. – spiega – So che Dominique ha avuto un’infanzia complicata. Io non mi sentirò mai in pace con me stessa, imparerò a conviverci ma mi ricostruirò. Nonostante questo, ci saranno sempre 51 persone che mi hanno violata”. Poi aggiunge: “Gli imputati non sono stati ingenui a presentarsi a casa mia. Non sono bambini, la coscienza deve entrare in gioco quando entri nella camera da letto di una persona incosciente. Non perdono le azioni di mio marito, so che è un predatore sessuale. Sono stata tradita e ingannata. Non avrei potuto immaginare neanche per un istante che fosse capace di cose del genere. I miei figli portano il suo cognome e anche i miei nipoti. Pensavamo di vivere con una brava persona”. Gisèl dice anche che non cambierà cognome: “Io continuerò a chiamarmi Pelicot: appena questo processo si è aperto, i miei cari si vergognavano di questo nome. Oggi il mondo conosce Gisèle Pelicot, sa chi sono e voglio che i miei nipotini siano orgogliosi della loro nonna“.
Le condanne
I pm avevano chiesto 20 anni di carcere per Dominique Pelicot. La richiesta è stata accolta dai giudici del tribunale di Avignone che, il 19 dicembre 2024, hanno condannato il 72enne con l’accusa di stupro aggravato sulla moglie. L’uomo è stato condannato anche per alcune foto che ritraevano la figlie e le ex nuore seminude. Agli altri imputati, invece, sono state inflitte pene comprese tra i 3 e 12 anni di detenzione.
Le conseguenze per la vittima
Gisèle Pelicot ha chiesto e ottenuto il divorzio dal marito, con il quale ha avuto tre figli, ad agosto del 2024. Gli stupri reiterati a cui è stata sottoposta, il più delle volte consumati in assenza di protezione, l’hanno esposta al rischio di malattie sessualmente trasmissibili. Per anni la donna, ignara delle violenze, ha lamentato forti dolori addominali e una sensazione persistente di stanchezza. L’assunzione prolungata di benzodiazepine (il farmaco utilizzato da Dominique Pelicot per drogare la moglie è il Temesta), somministrate dal marito a sua insaputa, le hanno danneggiato la memoria. Senza contare, infine, l’enorme trauma psicologico che questa terribile vicenda le ha procurato e da cui sta tentando di lentamente di riprendersi.
L’analisi criminologica del caso
“Questa storia dimostra come persone all’apparenza normali, con un profilo sociale senza manifeste criticità, possano trasformarsi in stupratori seriali”, spiega alla redazione de Il Giornale la psicologa e criminologa forense Roberta Bruzzone. Qual è il profilo criminologico di Dominique Pelicot? “È un sadico sessuale – dice l’esperta – Il fatto di sottoporre la moglie a stupri reiterati da parte di sconosciuti è indicativo di un grave disturbo parafilico. Evidentemente riusciva a soddisfare le sue perverse fantasie sessuali ponendo in essere questo genere di condotte”. E ancora: “Si tratta di un soggetto fortemente compromesso, con una personalità profondamente distruttiva improntata da un dilagante narcisismo maligno. Si tratta di una condizione che mi lascia ipotizzare un vero e proprio disturbo della personalità che attinge abbondantemente ai tratti narcisistici e antisociali. Per tutta una lunga serie di parametri, non ultimo l’età e le modalità molto articolate che ha portato avanti per anni, la sua condizione non è reversibile”. E gli altri uomini? “Sono anch’essi dei predatori sessuali. Lui ha l’aggravante di aver drogato la moglie, ma non c’è
alcuna differenza con coloro che si sono prestati a questo tipo di attività. Tutti hanno agito con la consapevolezza di abusare di una donna che non ha mai espresso consenso nei loro confronti, contando sul fatto che non avrebbe mai potuto denunciarli”. Quali sono le conseguenze per la vittima? “Questa signora ha vissuto vessazioni multiple e reiterate
versando in una condizione di impotenza assoluta. Peraltro tradita da quello che credeva fosse il compagno di una vita. – prosegue Bruzzone – È un trauma di portata importante. Probabilmente la battaglia che sta portando coraggiosamente avanti è anche un modo per tentare di preservare la parte sana che le è rimasta. Cerca di dare un senso a questa drammatica esperienza trasformandola in un moto di cambiamento sociale”. E infine,
l’esperta conclude: “Bisogna stare in guardia perché, come dimostra questa vicenda, dietro un’apparente normalità si può nascondere un predatore emotivo della peggior specie”.
L’impatto culturale e mediatico
La storia di Gisèle Pelicot ha avuto una notevole eco mediatica in tutto il mondo. Centinaia di donne sono scese in piazza per manifestare contro quella che viene definita cultura dello stupro. L’obiettivo di madame Pelicot è incentivare un profondo cambiamento sociale affinché le vittime di abusi trovino il coraggio di denunciare, nella speranza che “la vergogna cambi lato“. Intanto il primo ministro francese Michel Barnier ha annunciato una serie di nuove misure per contrastare la violenza di genere. Inoltre, a partire dal 2025, nelle farmacie dovrebbero essere disponibili alcuni kit per verificare se, in caso di stupro, via sia stata anche la sottomissione chimica.
Infine, nei prossimi mesi sarà lanciata una campagna di sensibilizzazione sul tema mediante dall’associazione fondata da Caroline Darian, la figlia di Gisèle Pelicot. Quest’ultima ha anche pubblicato un libro – “Ho smesso di chiamarti papà”, il titolo – che uscirà in Italia a febbraio.
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