Studenti protestano contro divieto Smartphone a scuola: “ennesima decisione che soffica e non solleva la scuola”

Questa mattina, alcuni studenti dei licei romani si sono radunati davanti al Ministero dell’Istruzione per esprimere dissenso rispetto al recente divieto dell’uso dei cellulari tra le mura scolastiche, introdotto dal ministro Giuseppe Valditara. Secondo i manifestanti, quella del divieto è “una decisione ipocrita” che ignora i problemi veri e radicati del sistema educativo.
Il divieto: le nuove norme e la loro portata
Da settembre 2025, la circolare n. 3392 del 16 giugno impone, anche nelle scuole superiori, lo spegnimento e la rimozione dalla vista del cellulare durante l’intero orario scolastico, non solo durante le lezioni . La disposizione – già estesa nei cicli precedenti – si fonda su basi scientifiche: l’uso smodato dello smartphone sarebbe correlato a cali dell’attenzione, peggioramento del sonno, e riduzione del rendimento scolastico, come evidenziato da OECD, OMS e ISS.
Non si tratta di semplice indicazione: le scuole devono aggiornare i regolamenti d’istituto e il patto di corresponsabilità educativa, introducendo sanzioni disciplinari. I provvedimenti possono variare dal richiamo al sequestro temporaneo del dispositivo, fino alla sua sospensione, con riconsegna ai genitori in caso di recidiva.
Autonomia scolastica e misure pratiche
Il Ministero lascia alle scuole il compito di definire le modalità operative: alcune prevedono armadietti individuali, altri semplici contenitori numerati da appendere in aula, fino a soluzioni più sofisticate come armadietti con chiave .
Il ministro ha sintetizzato la pratica: “Quando si entra in classe si mette via il cellulare e lo si riprende quando si esce da scuola” .
Eccezioni previste
Il divieto non è assoluto. L’utilizzo è autorizzato per alunni che ne abbiano bisogno secondo un Piano Educativo Individualizzato (PEI) o un Piano Didattico Personalizzato (PDP), per alunni con disabilità o disturbi specifici dell’apprendimento. Sono previste ulteriori deroghe per motivi personali documentati e per indirizzi tecnici – informatici o telecomunicazioni – dove il cellulare sia “strettamente funzionale” alle attività didattiche .
Restano inoltre ammessi altri strumenti digitali come pc, tablet e lavagne interattive, purché utilizzati secondo progetti formativi e nell’ambito dell’autonomia scolastica.
Studenti in piazza: una risposta politica al decreto
Al sit‑in, come riporta il servizio di La Presse, i giovani hanno accusato il governo di intervenire con misure punitive mentre emergenze più pressanti restano sullo sfondo. “Dopo la carrellata di riforme repressive e classiste”, spiegano, “questa è l’ennesima decisione che soffoca invece di sollevare la scuola. Non serve vietare i telefoni, ma finanziare le scuole, rilanciare l’edilizia, il personale, riformare l’alternanza scuola‑lavoro. Vogliamo soldi alla scuola e non alla guerra”.
Uno sguardo critico all’agenda governativa
La protesta non si limita al telefono. Vuole mettere in discussione un modello di scuola che sembra ignorare i bisogni strutturali, consegnando ai ragazzi una risposta simbolica più che efficace. In quel sit‑in, i cartelli recitavano chiaro: “Non è negando lo smartphone che si insegna, è rinnovando le risorse”.
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