Strage di Cisterna Latina, assolti i medici, Antonietta Gargiulo: «Sono scioccata. Così hanno ucciso le mie figlie due volte. Nessuna istituzione mi riconosce come vittima»
«Così hanno ucciso le mie figlie per la seconda volta». Antonietta Gargiulo ha fatto del dolore una voce instancabile. Sette anni dopo la strage di Cisterna di Latina, in cui il carabiniere Luigi Capasso sparò alla moglie, Antonietta Gargiulo, ferendola gravemente, e uccise le loro due figlie prima di togliersi la vita, il tribunale ha assolto i medici che valutarono l’uomo idoneo a portare l’arma di servizio e gliela restituirono tre mesi prima della strage. Per i giudici non ci fu colpa, nonostante le segnalazioni, i comportamenti instabili e le evidenze di un disagio psichico.
«Chi doveva proteggerci ha fallito», dichiara scioccata Antonietta Gargiulo a Vanity Fair subito dopo la sentenza che ha sancito che nessuno è responsabile di quella tragedia annunciata. Ripete che è scioccata ma non ha intenzione di arrendersi. «Sono a pezzi. Per ora hanno vinto ma non mi fermerò. Nessuna istituzione, né Comune, Regione, Arma o tribunale ad oggi mi tratta da vittima e mi riconosce come tale. Sono scomoda. Mi sento tradita come donna e come cittadina».
Era il 28 febbraio 2018 quando Capasso sparò prima all’ex moglie poi uccise le loro due figlie Alessia, di 13 anni e Martina di 9 mentre dormivano. Sparò con la pistola d’ordinanza che aveva riottenuto, dopo essere stato sospeso per un periodo dal servizio, a seguito dei procedimenti legali in corso, grazie ai certificati rilasciati dai medici che hanno ritenuto fosse idoneo ad avere un’arma.
Antonietta Gargiulo aveva presentato un esposto alla Questura già nel settembre 2017: denunciava minacce, aggressioni fisiche e controllo ossessivo da parte del marito, incluso un uso ossessivo di app per localizzarla e monitorarla. I consulenti nominati dalla Procura avevano diagnosticato a Capasso un disturbo della personalità, con caratteristiche paranoidi e manipolative già nel 2006 e confermate nel 2017. «L’uccisione delle piccole Alessia e Martina e il tentato femminicidio della loro madre, Antonietta Gargiulo, non sono stati un tragico imprevisto, l’esito drammatico di una lunga catena di omissioni istituzionali», sottolinea Differenza Donna APS, costituitasi parte civile nel processo penale contro i medici imputati di omicidio colposo di Martina e Alessia, per non aver adempiuto ai loro obblighi derivanti dalle funzioni svolte.
«I segnali di pericolo c’erano tutti: minacce, aggressioni fisiche, squilibri psichici, comportamenti gravemente disfunzionali di Luigi Capasso, carabiniere armato anche fuori servizio», continua l’avvocata Teresa Manente. «Il tentato femminicidio della madre e l’assassinio delle figlie è da leggersi come il prodotto di un fallimento sistemico, non come un fatto isolato. Un fallimento che ha avuto luogo dentro lo Stato che non si è assunto, in nessun momento, dalle prime richieste di aiuto di Antonietta Gargiulo, ad oggi, la responsabilità per l’inerzia, l’omissione la non tempestività e la mancata attivazione di azioni giudiziarie e protocolli che avrebbero potuto salvare Alessia e Martina». Il caso di Antonietta Gargiulo non è solo personale. È politico, culturale, sociale. Pone interrogativi aperti sul modo in cui le istituzioni si assumono, oppure no, la responsabilità di fronte alla violenza maschile sulle donne, soprattutto quando a commetterla è un uomo che indossa una divisa.
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