Umbria

Storica sentenza internazionale sui danni climatici: ora si potrà chiedere il risarcimento


L’ultima sentenza della Corte Internazionale di Giustizia (la più alta corte delle Nazioni Unite), emessa il 23 luglio, rappresenta un punto di svolta storico sulla responsabilità degli Stati in materia di cambiamenti climatici. La Corte ha riconosciuto che il cambiamento climatico costituisce una «minaccia urgente ed esistenziale» per l’umanità e l’ambiente, affermando l’obbligo giuridico degli Stati di adottare misure efficaci per proteggere il sistema climatico.

In particolare, la sentenza stabilisce che gli Stati sono responsabili a livello internazionale se non adottano azioni adeguate per ridurre le emissioni di gas serra, anche attraverso il controllo della produzione, il consumo o l’erogazione di sussidi ai combustibili fossili. La mancata adozione di tali misure configura un illecito internazionale, con conseguente obbligo di cessare tali comportamenti dannosi e di risarcire i danni causati, ove la restituzione diretta non sia possibile.

La Corte ha ribadito che la protezione del clima è fondamentale anche per garantire i diritti umani, poiché il degrado ambientale può compromettere con gravità il godimento di diritti come il diritto alla vita, alla salute e alla dignità. Il parere, sebbene non vincolante dal punto di vista giuridico, rappresenta un orientamento molto autorevole destinato a influenzare le cause legali contro gli Stati e, per estensione, contro le imprese responsabili delle emissioni.

Questo pronunciamento è frutto anche di un’iniziativa senza precedenti partita nel 2019 da un gruppo di studenti di diritto e sostenuta da più di 1.500 organizzazioni, con la partecipazione attiva del piccolo Stato insulare di Vanuatu, tra i più colpiti dai cambiamenti climatici nonostante la sua minima emissione di gas serra.

In sintesi, la Corte ha sancito che nessuno Stato può sottrarsi alle proprie responsabilità in materia climatica e che l’inquinamento ambientale ha dirette conseguenze sui diritti umani, obbligando a un impegno concreto nella lotta ai cambiamenti climatici e alla riparazione dei danni causati.

Chi ritiene di aver subito danni a causa delle azioni o inazioni di uno Stato riguardo al cambiamento climatico può rivolgersi al giudice ordinario del proprio Paese, o di un Paese coinvolto, per chiedere un risarcimento. In Italia, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno infatti stabilito che il Tribunale ordinario (ad esempio, il Tribunale di Roma, già coinvolto in casi di contenzioso climatico) è competente a decidere sulle controversie che riguardano i danni provocati dai cambiamenti climatici, purché gli effetti dannosi si verifichino nel territorio italiano o le decisioni che li hanno causati siano state prese in Italia.

La Corte Internazionale di Giustizia ha confermato l’obbligo degli Stati di adottare misure efficaci per tutelare il clima, ma la riparazione del danno e l’accertamento di responsabilità potranno avvenire tramite giudizi nazionali o eventualmente in sedi internazionali qualora siano coinvolti rapporti tra Stati o violazioni del diritto internazionale. Ad oggi, tuttavia, il ricorso diretto alla Corte Internazionale di Giustizia da parte di singoli individui o comunità è limitato; piuttosto la giurisdizione principale per ottenere risarcimenti civili resta nei tribunali nazionali.

In sostanza, chi subisce un danno può agire davanti a un giudice nazionale competente, che esaminerà le responsabilità, anche di Stati o grandi imprese, in riferimento al danno climatico subito, come si sta già vedendo nei casi di contenzioso climatico in Italia e in altre giurisdizioni europee. In un contenzioso Stato contro Stato ci si potrà rivolgere alla Corte Internazionale di Giustizia. Ma se parliamo di un individuo o di una comunità opposti a uno Stato, allora si può immaginare il coinvolgimento di corti regionali, come la Corte europea dei diritti dell’uomo, o di corti nazionali.

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