Stop agli smartphone a scuola, arriva il tutor AI in tasca: uso quotidiano tra i più piccoli, cyberbullismo in aumento e una scelta culturale che interroga il ruolo della didattica
Il Ministero ribadisce il divieto degli smartphone a scuola, mentre l’industria tecnologica lancia dispositivi “per minori” dotati di intelligenza artificiale capaci di spiegare, correggere e proporre verifiche e video lezioni, come un “professore tascabile” sempre disponibile, osserva Alessandro Prisciandaro, pedagogista e presidente APEI.
Il paradosso emerge netto: lo Stato vieta l’oggetto, il mercato lo trasforma in strumento educativo alternativo, intercettando bisogni familiari di assistenza allo studio e offrendo soluzioni economiche e immediate. Il divieto scolastico, inteso a segnare un confine, non cancella l’uso massivo del telefono nella quotidianità dei minori, già compagno fisso tra casa, strada e compiti.
Numeri, rischi e l’illusione dell’EdTech
I dati richiamati segnalano che più di un bambino tra 6 e 10 anni usa lo smartphone ogni giorno, in crescita netta rispetto a cinque anni fa, mentre oltre il 60% tra 11 e 13 anni possiede almeno un account social, a conferma di un fenomeno radicato oltre i cancelli scolastici. Sul fronte competenze, l’indagine ICILS 2023 viene citata per un 14% di studenti di terza media sotto le soglie minime, con criticità più accentuate nel Mezzogiorno, e per difficoltà diffuse nel riconoscere fake news già a 15 anni. In parallelo aumentano le vulnerabilità: cyberbullismo in crescita (+12%), adescamenti online tra i 10 e i 13 anni e un incremento dei casi di pedopornografia digitale del 6%, segnali di una connessione che spesso “isola, disorienta, ferisce”.
La scuola come relazione, non download
I “telefonini per bambini”, limitati nei giochi ma potenziati da AI didattica, promettono apprendimento veloce con spiegazioni, esercizi e verifiche automatiche; per i genitori un supporto comodo, per la scuola un competitor invisibile che entra senza chiedere permesso. “La verità è che, quando la formazione si riduce a trasferimento di nozioni, un telefono intelligente funziona meglio”, scrive Prisciandaro, ricordando che la scuola è pedagogia, relazione e scoperta, non mera erogazione di contenuti. Il bivio che si apre è culturale: o una scuola che accompagna ciascun ragazzo nel proprio percorso, oppure l’accettazione di un’educazione affidata al dispositivo, con il rischio di un’istituzione che abdica alla sua missione e diventa superflua, lasciando “vincere” il cellulare per smarrimento del senso dell’educare.
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