Economia

Stipendi, per gli italiani la pagella è da 4. “Serve più trasparenza”, si aspetta la direttiva Ue

MILANO – L’Organizzazione mondiale del lavoro ci ha detto pochi giorni fa che l’Italia è il Paese dove i salari sono cresciuti di meno, rispetto all’inflazione. E’ vero, qualcosa si è mosso negli ultimi tempi grazie a un recupero delle buste paga a fronte di un’inflazione che ha finalmente ridotto i giri del motore, con qualche beneficio al potere d’acquisto registrato anche dall’Istat. Ma è ancora decisamente troppo poco per rimarginare i buchi aperti nei portafogli degli italiani dal caro di bollette, alimentari &Co.

Ne deriva quasi meccanicamente ancora una bocciatura delle buste paghe da parte dei lavoratori tricolori. E’ quella che riscontra il report Salary Satisfaction dell’Osservatorio JobPricing, giunto alla decima edizione in collaborazione con InfoJobs: l’indice medio di soddisfazione retributiva si attesta a 4,2 su 10, ben al di sotto della soglia della sufficienza.

La pagella alla busta paga

“Solo il 4,1% si dichiara molto soddisfatto del proprio pacchetto retributivo, mentre oltre il 60% esprime un giudizio negativo”, dice l’Osservatorio pur notando che “l’indice è cresciuto negli ultimi due anni, passando da 3,8 del 2022, a 4,0 del 2023, all’attuale 4,2, in correlazione con l’aumento medio delle retribuzioni in Italia rilevato negli ultimi due anni”.

Il tasto dolente resta legato a voci quali meritocrazia e fiducia. Gli indici peggiori nella valutazione delle buste paga sono infatti legati alla fiducia nei sistemi di riconoscimento del merito: il punteggio sulla meritocrazia è il più basso in assoluto (3,4), seguito da “fiducia e comprensione” (3,6) e “performance e retribuzione” (4,0).

ll dettaglio delle voci

Donne più insoddisfatte

Se al tema di trasparenza e merito si unisce la considerazione che le donne si dichiarano sistematicamente più insoddisfatte degli uomini (il voto generale scende a 3,6 per le prime contro il 4,5 dei secondi) emerge l’importanza della direttiva Ue sulla trasparenza salariale che l’Italia dovrà mettere in campo per giugno 2026. E che, ricorda Elisa Todesco dell’Osservatorio Jobpricing, prevede “che l’azienda monitori e riduca entro certi limiti i differenziali retributivi di genere in azienda, sia più trasparente nei confronti del mercato comunicando i livelli retributivi negli annunci di lavoro, e introduca sistemi retributivi basati sul concetto di “ruolo di pari valore”, con l’obiettivo di rendere trasparenti alla popolazione aziendale le logiche di determinazione degli stipendi e promuovere trattamenti retributivi più equi”.

Già oggi, d’altra parte, dove il performance management è formalizzato, si registra un netto miglioramento dell’indice di soddisfazione generale – che sale a 4,7.

L’importanza di pacchetti articolati e welfare

Per altro, le persone che percepiscono solo una retribuzione fissa sono le meno soddisfatte in ogni ambito. Per le aziende è allora utile sapere che la soddisfazione cresce in presenza di pacchetti retributivi articolati, dove la componente variabile, i benefit e il welfare incidono positivamente sul giudizio complessivo. Fattore che per Matteo Gallina, responsabile dell’Osservatorio JobPricing, “indica come oggi sia necessario superare il modello retributivo tradizionale e investire su un sistema coerente di Total Reward, trasparente e costruito sulla valorizzazione delle persone”. Per Gallina “le relazioni, il work-life balance e lo smart working sono condizioni dirimenti nella scelta di rimanere in azienda”. Elementi come “flessibilità, welfare e meritocrazia – aggiunge Michele Antonelli, marketing manager InfoJobs – incidono profondamente sulla motivazione, sulla performance dei lavoratori e sulla ricerca proattiva di un nuovo posto di lavoro”.


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