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Still Blank – Still Blank

Un duo decisamente particolare, questi Still Blank. Formati dalla cantante e polistrumentista hawaiana Jordy e da Ben, chitarrista nato e cresciuto nei pressi di Manchester, debuttano con un album omonimo che racchiude il loro universo sonoro: una miscela di shoegaze, psych-folk e post-punk espressa con sorprendente delicatezza e una maturità non comune per un esordio.

Credit: Press

Il lavoro in studio con due produttori di peso come Joel Pott (George Ezra, Shura) e Flood (PJ Harvey, Nick Cave & The Bad Seeds) ha probabilmente contribuito al risultato finale, solido e atmosferico. Registrato tra Londra, Los Angeles e persino una capanna remota in Galles, l’album ha attraversato anche momenti complicati, a tratti drammatici. Durante la produzione, infatti, Jordy è stata vittima di quella che lei stessa definisce un’“inaspettata deportazione”, un episodio che ha interrotto bruscamente il lavoro e messo a dura prova il duo.

Questo evento ha influenzato in maniera evidente la scrittura, accentuando il tratto distintivo degli Still Blank: la tensione creativa tra due provenienze lontanissime, l’unione di esperienze di vita e musicali diverse, il distacco forzato e poi il ritrovarsi per portare a termine il progetto. Una frattura reale che diventa materiale artistico.

E, come spesso accade, non tutti i mali vengono per nuocere: questo album ne è la prova concreta.

“Same Sun”, il singolo scelto per annunciare l’album, è probabilmente il brano più incisivo e tagliente del disco: un riff di chitarra che lo attraversa dall’inizio alla fine e una riflessione sulla disconnessione delle nostre vite, nonostante sia sempre lo stesso sole a illuminarci tutti.

Ogni traccia di questo debutto ha una propria vita, un proprio respiro: la chitarra delicata di “Vacancy”, il soffice incedere di “What About Jane”, la dichiarazione identitaria di “Dead and Gone” (“I Am a Woman“) e il ritmo quasi motorik — sempre morbido come una carezza — della splendida “Ain’t Quite Right” sono solo alcune delle perle che questo disco regala a chi sa ascoltare davvero, non ai distratti.

“Get Over It” ci avvolge con una melodia suadente che sfocia in un ritornello sostenuto da una chitarra nervosa e vibrante: un crescendo finale che funziona alla perfezione. E che altro dire di “Ain’t Quite Right”, se non ribadire che è un piccolo capolavoro di delicatezza e tensione emotiva?

Il trittico finale non abbassa mai l’asticella, culminando in “Rainman”, una ballata che sembra fatta apposta per farci alzare dalla poltrona e applaudire in solitudine.

Questo fine anno ci regala un album che non dovrebbe per nessun motivo passare inosservato. Pigiama, poltrona, piumone, cuffie, una tazza di tè bollente… e il primo disco degli Still Blank.

Forse non saremo deportati, ma di certo verremo trasportati in una dimensione migliore.


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