Stefano Cavada debutta come presentatore televisivo in un programma sulla panificazione
A proposito di loro: ha sentito l’ansia da prestazione accanto a due figure così autorevoli?
«Io no, perché conosco sia Renato che Andrea da anni, e con loro ho sempre avuto grande feeling. Noi ci siamo divertiti molto insieme, ma secondo me gli ospiti hanno temuto un po’ la loro presenza, in effetti, e al posto loro anche io avrei avuto qualche timore. Personalmente mi hanno insegnato tanto durante il programma: piccoli consigli che possono svoltare la riuscita di una ricetta e che sto già applicando e condividendo con chi segue i miei corsi di cucina. Sono due professionisti per cui ho grande ammirazione».
Nel programma avete affrontato l’argomento della qualità delle materie prime e magari quello della celiachia?
«Non al centro del programma, quello no, ma ad esempio abbiamo parlato dell’aspetto di utilizzare le farine giuste per particolari esigenze alimentari, e abbiamo affrontato moltissimo la questione materie prime, anche perché tutto quello che è prodotto da forno si basa su pochissimi ingredienti, e devono essere molto buoni e della giusta tipologia».
Parliamo della sua ultima fatica editoriale: come mai un libro sulla polenta?
«Volevo che il mio nuovo libro si differenziasse dai precedenti che ho scritto, che si incentravano o sulla provenienza geografica delle ricette o sulla tecnica per cuocerle: qui volevo che fosse protagonista un ingrediente, la farina di mais che cotta diventa polenta. Un richiamo alla montagna, che amo, e un’esigenza dovuta al fatto che avevo visto che c’erano pochi libri che trattassero la polenta, se non come classico contorno».
Qui invece il senza glutine è un argomento molto presente, giusto?
«Sì, perché la farina di mais si può utilizzare per preparare prodotti senza glutine, sia dolci che salati. Nel libro ad esempio ci sono questi bacetti al cacao: biscotti molto semplici, molto friabili, preparati solo con farina di mais, o un pane piatto fatto con l’esubero della polenta. Queste ricette non sono state semplici da sviluppare, hanno richiesto diverse prove, ma il risultato è stato soffisfacente ed è facilmente replicabile, senza grandi tecnicismi».
Lei è molto legato alla cucina della sua terra: qual è il suo piatto tradizionale preferito?
«Sono da sempre gli spatzle agli spinaci con panna e speck. Mi ricordo quando mia mamma metteva su il padellino con gli spinaci a cucinare, e io sapevo già cosa ci aspettava a cena ed ero il bambino più felice del mondo. Ovviamente nel libro sulla polenta non potevano mancare: ce n’è una versione con la farina di mais, con una consistenza molto rustica, che suggerisco di condire un po’ alla valtellinese, con verza, formaggio e poi una passata in forno».
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