Stato palestinese, sì di Berlino e Ottawa. I ministri israeliani: annettere i Territori
Anche Berlino, Ottawa e Lisbona prendono posizione sulla tragedia di Gaza. Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha confermato che il riconoscimento dello Stato palestinese “deve avvenire alla fine di un processo”. Ma ha precisato che deve “cominciare ora”. La Germania, ha ribadito, “non si tirerà indietro di fronte a questo obiettivo. E sarà anche costretta a reagire a passi unilaterali”. Per Wadephul, comunque, Berlino “sarà al fianco di Israele per chiedere che Hamas liberi gli ostaggi e sia disarmata”. A suo parere il gruppo islamista “non deve mai più costituire una minaccia per lo Stato ebraico”. Ma in secondo luogo “Israele deve intraprendere un’azione immediata, completa e sostenibile per porre rimedio alla situazione catastrofica della Striscia di Gaza”. Il ministro ha infine sottolineato che il ponte aereo organizzato con la Giordania non può sostituire l’arrivo di aiuti via terra.
Berlino non è sola su questa linea. Già nei giorni scorsi altri Paesi hanno adottato una postura simile nei confronti del conflitto israelo-palestinese. Ieri pure il governo portoghese si è aggiunto a questa schiera di nazioni. “Stiamo valutando la possibilità di riconoscere lo Stato palestinese, la procedura potrebbe concludersi durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite che si terrà a New York il prossimo settembre”, si legge nella dichiarazione dell’esecutivo di Lisbona. Il via alle reazioni è stato dato dall’annuncio del premier britannico Keir Starmer di voler riconoscere lo Stato palestinese entro settembre, in mancanza di un impegno di Israele per la pace. Ma il piano di Londra, come quello degli altri, è stato subito respinto con forza dal ministero degli Esteri israeliano: “È un regalo ad Hamas”, ha bollato Gideon Saar.
Nonostante il pressing internazionale, lo Stato ebraico non sembra indietreggiare, anzi. I ministri della Difesa Israel Katz e della Giustizia Yariv Levin hanno rincarato la dose: “È il momento di annettere la Giudea e la Samaria (nomi biblici della Cisgiordania)”. La nota congiunta dei due ministri risponde a un articolo di Channel 14 (emittente vicina al premier Netanyahu) in cui si affermava che né Katz né Levin avevano impartito istruzioni per preparare l’annessione, cosa che la dichiarazione definisce “falsa”. “Ciò è stato espresso, tra le altre cose, nel lavoro svolto dal ministro Levin durante il primo mandato del presidente Usa Donald Trump, in cui sono stati preparati tutti gli elementi necessari per l’importante mossa, da una proposta di risoluzioni a mappe precise, e il ministro della Difesa Katz ha guidato una serie di decisioni senza precedenti per rafforzare gli insediamenti e spianare la strada alla sovranità israeliana in Giudea e Samaria”, si legge nel comunicato, che sostanzialmente ribadisce affermazioni già rese nei giorni scorsi anche dai ministri di ultradestra e coloni loro stessi Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir.
Atti che rischiano di rendere la situazione a Gaza sempre più tragica. Il ministero della Salute, controllato da Hamas, ha fatto sapere che 111 palestinesi sono stati uccisi e 820 sono rimasti feriti nell’enclave nelle ultime 24 ore in seguito agli attacchi israeliani.
Tra le vittime, 91 stavano aspettando gli aiuti umanitari. Dall’inizio delle ostilità il 7 ottobre 2023, il bilancio è di 60.249 morti e 147.089 feriti. I numeri non sono verificabili in maniera indipendente. Israele non consente ai giornalisti occidentali di entrare a Gaza.
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