Salute

Stati responsabili dei danni climatici devono risarcire

“La mancata adozione da parte dello Stato di azioni appropriate per proteggere il sistema climatico dalle emissioni di gas serra, anche attraverso produzione, consumo, concessione di licenze di esplorazione o erogazione di sussidi per i combustibili fossili, può costituire un atto illecito a livello internazionale imputabile a tale Stato”. Dopo la sentenza pronunciata in Italia dalla Corte di Cassazione, secondo cui si può fare causa a un’azienda per i danni causati dal cambiamento climatico, questa volta è la Corte internazionale di giustizia a emettere un parere che, sebbene non vincolante, è destinato ad avere un impatto sul corso delle cause climatiche aperte in questi anni in tutto il mondo. Perché, oltre a riconoscere il cambiamento climatico come una “minaccia esistenziale”, la Corte ha chiarito obblighi e responsabilità degli Stati, e per estensione anche delle aziende. Gli effetti negativi dei cambiamenti climatici, ha spiegato il presidente della Corte Internazionale di Giustizia, Yuji Iwasawa (nella foto) “potrebbero compromettere significativamente il godimento di alcuni diritti umani, incluso il diritto alla vita”. Questo parere è stato richiesto cn una campagna nata nel 2019 dagli studenti dell’arcipelago di Vanuatu, dell’Università del Pacifico meridionale). In collaborazione con il governo di Vanuatu, Students Fighting Climate Change e World’s Youth for Climate Justice hanno contribuito a ottenere un voto unanime alle Nazioni Unite per richiedere il parere, con il sostegno di oltre 1.500 organizzazioni.

Lo storico parere della Corte Onu

Per la Corte “il sistema climatico globale dovrebbe essere protetto sia per la popolazione attuale che per le generazioni future, perché è “parte integrante e di vitale importanza dell’ambiente”. Il cambiamento climatico è “una minaccia urgente ed esistenziale” ha aggiunto il presidente della Corte, ricordando che “le conseguenze del cambiamento climatico sono gravi e di vasta portata: colpiscono sia gli ecosistemi naturali che le popolazioni umane”. Nel parere si prevede che le conseguenze giuridiche derivanti dalla commissione di un atto illecito internazionale possano “comprendere gli obblighi di cessazione delle azioni od omissioni illecite, se queste sono continuative” nonché la “piena riparazione agli Stati danneggiati sotto forma di restituzione, risarcimento e soddisfazione”. Nel caso in cui la restituzione si riveli materialmente impossibile, infatti, gli Stati responsabili “hanno l’obbligo di risarcire”.

Le reazioni, dalle Nazioni Unite all’Italia

“Siamo entrati in una nuova era di responsabilità per il clima. La più alta corte del mondo ha detto chiaramente che le attività che danneggiano il clima violano il diritto internazionale e i diritti delle persone” commenta Elisa Morgera, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e i diritti umani. E aggiunge: “La strada per i grandi emettitori è chiara: agire ora per eliminare gradualmente i combustibili fossili, sostenendo le comunità colpite e allineare le leggi e le finanze nazionali agli obblighi internazionali”. Il tema è quantomai attuale anche in Italia dopo che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno dato ragione a Greenpeace Italia, ReCommon e 12 cittadine e cittadini che nei mesi scorsi avevano fatto ricorso alla Suprema Corte, chiedendo se in Italia fosse possibile o meno avere giustizia climatica. Un ricorso nato nell’ambito del procedimento civile ‘La giusta causa’ con cui, a maggio 2023, ong e cittadini avevano presentato la causa nei confronti di Eni, Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) e Ministero dell’Economia e delle Finanze (in qualità di azionisti). “La sentenza della Corte internazionale di giustizia è uno spartiacque storico. C’è un prima e ci sarà un dopo, e sarà all’insegna della giustizia climatica. Ora inequivocabilmente è stato affermato il principio che chi inquina paga” commenta il vicepresidente della Camera, Sergio Costa. “Da questa sentenza – aggiunge – deriveranno procedimenti nazionali che seguiremo e avalleremo con molto interesse e attenzione”. Anche per Danilo Garrido, consulente legale di Greenpeace International “il parere consultivo della CIG segna una svolta nella giustizia climatica, poiché ha chiarito, una volta per tutte, gli obblighi climatici internazionali degli Stati e, cosa ancora più importante, le conseguenze in caso di violazione di tali obblighi. Questo aprirà la strada a nuovi casi – spiega – e, si spera, porterà giustizia per coloro che, pur avendo contribuito meno alla crisi climatica, ne stanno già subendo le conseguenze più gravi”.

Photocredits: International Court of Justice


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