Squid Game si prepara per il suo gran finale: «Pazzo e fuori di testa. Qualcosa che non si può prevedere»
«Pazzo, fuori di testa, folle». Sono gli aggettivi con cui il regista e sceneggiatore Hwang Dong-hyuk ha definito il finale di Squid Game 3**, serie-fenomeno di Netflix, in arrivo col suo ultimo capitolo disponibile sulla piattaforma dal 27 giugno. Dello show iniziato nel 2021, ma scritto nel lontano 2008 e snobbato fino a quel momento da tutti i produttori a cui veniva presentato, non era previsto un proseguimento, col suo showrunner che alla fine ha realizzato per il servizio streaming altre due stagioni. «Mentre stavo scrivendo la seconda, che doveva essere la finale, mi sono accorto che la storia aveva preso molto più spazio», dichiara Hwang Dong-hyuk. «E, per dare ritmo e senso all’andamento del racconto, trovavo adatto che la seconda stagione si concludesse con la ribellione dei giocatori, per poi ripartire con la terza e il vero scontro finale tra Seong Gi-hun e Front Man».
Squid Game 3 riparte infatti lì dove il protagonista, che aveva cercato di convincere gli altri sfidanti a lasciare i giochi, è al suo punto più basso, preso dallo sconforto dopo aver visto fallire la propria missione e aver portato i suoi amici a soffrire. «Dopo il fallimento della ribellione avevo bisogno di resettare tutto per ripartire», spiega il regista, dando un suggerimento su dove ricomincerà la terza stagione. «Avevo bisogno di aprire un altro capitolo e, per farlo, era necessario trovare una nuova domanda: cosa succederebbe se il protagonista mettesse tutti i suoi sforzi da parte invece di investirli per interrompere i giochi?». È solo una delle tante decisioni di fronte a cui lo sceneggiatore si è ritrovato per cercare di far quadrare tutti i pezzi del suo puzzle. Anche perché per Hwang Dong-hyuk si tratta di un gran finale, vista l’intenzione di chiudere un’importante parentesi della sua vita. «È tempo di dire addio e passare al prossimo progetto», afferma. «Squid Game mi ha permesso di confrontarmi con il bello e il brutto, con le lodi e con le critiche. Mi porto dietro tutto, comprese le cose migliori di questo finale».
Squid Game 3, cosa c’è da aspettarsi dall’ultima stagione?
Finale che per Lee Jung-jae, il numero 456 di Squid Game, sarà «il più imprevedibile, intrattenente, intrigante e sensato che potreste aspettarvi. E, di certo, non sarà quello che pensate». Sembra infatti che, nonostante il confronto anche con gli attori e la crew, il regista Hwang Dong-hyuk abbia saputo trovare da solo la chiusura più adatta per la serie dal successo mondiale, la quale è ovvio soffra di una sorta di ansia da prestazione. La stessa che il protagonista Seong Gi-hun dovrà affrontare, confrontandosi anche con i propri turbamenti interiori. «Quando inizia la terza stagione troviamo Seong Gi-hun disperato, deciso a mollare tutto, convinto che ciò che è avvenuto sia colpa sua», racconta il suo interprete. «Ma sarà nel cercare di dare un senso alla propria esistenza e a quella delle persone che ha intorno che ritroverà il coraggio di rimettersi in piedi. E, soprattutto, di avere ancora una volta fede nella gente. Che poi è il messaggio da sempre più importante di Squid Game: dare spazio all’umanità».
Cosa di certo non facile da fare, soprattutto davanti ad alcuni dei più sadici e dolorosi dei giochi della serie. Come Raduno, in cui i partecipanti devono correre allo scadere del tempo all’interno di una stanza con il numero corretto di persone indicate mentre chi rimane fuori viene brutalmente ucciso. «Alcuni dei giochi sono una giostra d’emozioni», afferma Lee Jung-jae. «Raduno, ad esempio, richiede un certo sangue freddo. Anche se con le stagioni due e tre era più facile sapere cosa aspettarsi, a differenza di quando abbiamo cominciato». Un’autentica corsa che si concluderà sul finire del mese di giugno e di cui l’attore terrà con sé il ricordo del responso entusiasmante ricevuto e delle tante persone da tutto il mondo con cui ha potuto dialogare. «E grazie a tutti i fan per i meme!», ci tiene a sottolineare. «Aspetto quelli della terza stagione».
La componente psicologica dei giochi
Anche Lee Byung-hun si sofferma sulla componente traumatica di Squid Game, ovvero l’aver scelto i giochi d’infanzia della cultura coreana per poi farli entrare in contrasto con le atrocità che accadono nella serie. «Sono momenti di svago ben radicati nella nostra tradizione», dichiara l’interprete del villain. «A cui lo show è andato ad aggiungere una componente psicologica: non solo sono i giochi di quando si era piccoli, ma attraverso questi devi tradire e fare del male ai tuoi amici e le persone che ami. Ma ciò che ha permesso a Squid Game di travalicare i confini è che in realtà parla di questioni sociali e politiche che riguardano tutti. Compresa la perdita di umanità». La stessa che forse (o forse no?) potremmo vedere nel Front Man post-seconda stagione: «Secondo me c’è stato in lui un piccolo cambiamento, anche se magari avviene sotto la maschera», afferma Lee Byung-hun, che si è portato l’iconico oggetto di scena a casa e che dà anche lui la sua visione del finale. «Per me può rappresentare anche un nuovo inizio. Bisognerà vedere se la gente lo amerà. Chissà».
Ciò che dunque bisognerà aspettarsi da Squid Game 3 è una resa dei conti tra i buoni e i cattivi, anche se la vera sfida è forse capire chi sono. Come per l’attrice Park Gyu-young, che offre il punto di vista delle guardie con la tuta rosa, entrate ormai nell’immaginario degli appassionati di serie tv. «Non si può distinguere tutto tra bianco e nero, anche per il mio personaggio è necessario capire quali sono le scelte che la muovono». E in cui l’interprete ha investito sia interiormente che in termini di energie fisiche: «Mi sono allenata per i miei stunt e, avendo diverse scene d’azione coreografate, c’era bisogno di fare delle prove. Devo dire che mettere in movimento il corpo per il ruolo mi ha aiutato anche dal punto di vista delle emozioni». Squid Game 3, con la sua ultima stagione, sarà disponibile dal 27 giugno sulla piattaforma di Netflix.
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