Spostamento della storica scuola: “Uccidere la Mordani equivale uccidere la nostra identità” :: Segnalazione a Ravenna

Riceviamo e pubblichiamo la segnalazione di un nostro lettore: “Papà nella mia scuola c’è una roccia dell’intralcio”. Il passo affrettato sui sanpietrini del centro rallenta di qualche battuta per risolvere l’enigma. “Alessandro cos’è una roccia dell’intralcio?”. “Ricorda un bambino che è morto con i nazisti, veniva alla mia scuola”. “Una Pietra d’inciampo?”, chiede il papà, curioso e ignaro della vicenda. “Sì appunto, hai capito? Racconta la sua storia. Se la guardi con l’iPhone ti spiega tutto”.
Il papà annuisce e sorride, ma quando arrivano di fronte all’ingresso della scuola Mordani scopre che c’è davvero un QR code, realizzato in mosaico, che apre un sito nel quale viene narrata la storia di Roberto Bachi, di quel bambino matricola 167973 che fu ucciso ad Auschwitz. Auschwitz, già. La raggiungi con l’autobus da Cracovia, capisci la logistica della sua disumanità, ma la conosci da tutta la vita. L’hai studiata sui banchi di scuola a partire proprio dalle elementari, nelle lettere dei bambini, nei diari delle adolescenti, e oggi fa parte di te; ti consente di capire immediatamente quale sia la disumanità di un esercito occupante che distrugge ospedali e scuole, che bombarda tende di profughi, uccidendo e mutilando bambini, senza pietà. Dimenticando quella che noi umani chiamiamo umanità. Caratterizza la tua identità di persona, ti fa capire cosa sia giusto e sbagliato, e ti scorre nelle vene da sempre. “La Roccia dell’intralcio”, è lì con te.
Per chi ha studiato alla Mordani negli ultimi 20 anni Roberto Bachi è storia viva, lo affianca nelle sue scelte, e lo sarà per sempre. Raccontare la scuola Mordani significa fare un tuffo nel passato non della Repubblica italiana, non nel Regno d’Italia, ma addirittura al tempo in cui Ravenna era parte dello stato pontificio, quando nel 1845 il Convento di San Domenico apre le porte ai bambini che venivano mandati a studiare. 180 anni di storia. Ma la storia non significa nulla se non diventa parte di un’identità personale. Nell’anno scolastico 2025/2026, per la prima volta dopo 180 anni, non è stata composta la classe prima. La “Demografia”, si dirà. E’ vero, i bambini sono pochi, ma sono pochi soprattutto quelli che abitano in centro.
La politica ha scelto che il centro è una zona sacrificabile, una zona che va bene per il turismo, per fare qualche sagra di cappelletti, per gli uffici e le passerelle della politica locale con i Reali d’Inghilterra, ma poi le persone devono abitare fuori. E così si apre la zona a traffico limitato ai veicoli ibridi (che voglio dire, chi compra altra motorizzazione oggi?), via Mariani diventa un’autostrada, i parcheggi sono introvabili e anche chi è appassionato del centro città sceglie la “schiera con giardino a due passi da tutti i servizi”. Ma la politica cittadina ha scelto un’altra via, ancora più machiavellica, per asfissiare la popolazione infantile del centro città: spostiamo la Mordani all’istituto Guido Novello, in Piazza Caduti. Cancelliamo 180 anni di storia con una delibera, fatta senza consultare nessuna delle parti sociali. Figurarsi i bambini. Basta una firma digitale e il gioco è fatto. Nell’edificio Mordani andrà la scuola Damiano Ghiselli, e i bambini della primaria Mordani dall’anno prossimo si troveranno a condividere un edificio insieme a ragazzi di 14 anni. Un edificio senza mensa, senza cortile, senza tutte quelle accortezze “elementari” che rendono una scuola antica, ma mutata nel tempo come la Mordani, il luogo perfetto per crescere. Ho detto i bambini della primaria dell’anno prossimo, ma ho fatto un errore.
Quale genitore iscriverà un bambino in un istituto che l’anno prossimo sa già che troverà ospitalità in un luogo “da medie”, e non da elementari? Quale genitore sceglierà ancora la scuola Mordani, che non si troverà in via Filippo Mordani ma in Piazza Caduti, dove si arriva in auto e non si parcheggia, dove i più piccoli potrebbero finire per scontrarsi con i più grandi, dove alla meglio i bambini si dovranno sobbarcare anni di lavori di adeguamento delle strutture per consentire loro le attività di base, come la mensa. Dove non potranno mai avere uno spazio adatto per giocare perché un cortile, anche con i lavori, lì proprio non si può fare. Lo spostamento uccide anche la Damiano Ghiselli, perché quella scuola “serve” chi vive dall’altra parte del centro, la Zona Rocca, che ovviamente non potrà raggiungere a piedi la Mordani, figuriamoci in auto con i problemi di traffico limitato e parcheggio. “Gasiamo due scuole con una sola mossa” avranno pensato da Palazzo Merlato, così ci caviamo il problema della popolazione infantile del centro. Si sarebbe potuto scegliere la via più logica. Mettiamo le elementari insieme alle elementari, la Damiano alla Mordani e la Mordani la lasciamo dove sta. Il posto c’è. Ma ci sarà una logica (voglio sperare) dietro lo spostamento dell’istituto con più storia di tutta Ravenna, una logica che pensa alla burocrazia o a qualche scelta logistica, ma non tiene conto del suo patrimonio.
Con una delibera il comune di Ravenna cancella la storia e la memoria, nella pratica cancella la scuola Mordani dall’anagrafe del ministero “dell’istruzione e del merito”. E a breve anche la Damiano Ghiselli. Se non quest’anno l’anno prossimo o quello dopo ancora. Bisogna avere identità per fare le scelte giuste, e quella identità, quel Roberto Bachi che ti accompagna per mano, nella giunta eletta, non sanno neanche dove stia di casa. Ma lui è ancora vivo e vegeto, si trova proprio a due passi dal Palazzetto Veneziano della Giunta. Si trova in via Mordani.
Matteo Rubboli
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