Campania

Sottochiave i beni del re del calcestruzzo ‘colluso’ coi Casalesi


La quinta sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Stanislao Vittorio Enrico Scarlini, si è pronunciata sul ricorso presentato da Gaetano Iorio, la moglie Clementina Massaro , i figlio Tullio e Paolo Iorio nonchè dalla moglie di quest’ultimo Virginia Diana; avverso la pronuncia della Corte di Appello di Napoli.

Col provvedimento impugnato la Corte di Appello di Napoli ha confermato i decreti coi quali il tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha respinto l’istanza di revoca della misura di prevenzione patrimoniale della confisca disposta nei confronti dell’imprenditore edile Gaetano Iorio, quale persone indiziata di appartenere al clan dei Casalesi; misura avente a oggetto i beni di proprietà dello stesso professionista o ritenuti nella sua disponibilità benchè formalmente intestati alla moglie, ai figlie e alla nuora di Iorio.

Avverso tale pronuncia ricorrono Iorio nonchè i terzi intestatari dei beni confiscati, lamentando violazione di legge. Si sostiene che “la confisca è fondata sulla ritenuta appartenenza di Gaetano Iorio ai Casalesi. I fatti storici a cui è ancorata la misura di prevenzione patrimoniale hanno formato oggetto di processi penali a carico di Iorio imputato per partecipazione ad associazione mafiosa, concorso esterno, estorsione, riciclaggio e intestazione fittizia. Tutti processi di cognizione che si sono conclusi che si sono conclusi con sentenze di assoluzione che hanno accertato l’insussistenza di quei medesimi fatti storici posti alla base delle misure di prevenzione”. Si sostiene poi che moglie e figli dell’imprenditore disponessero di proprie e autonome entrate patrimoniali idonee ad acquistare i beni a loro intestati. Tullio Iorio ad esempio ha costituito la Pio Immobiliare con capitale iniziale di 10mila euro versato grazie alle risorse familiari che comprendevano anche una cospicua eredità ricevuta dalla moglie. Tale società aveva acquistato il capannone oggetto di confisca mediante l’accensione di un mutuo le cui rate erano pagate impiegando i compensi percepiti a titolo di locazione dell’immobile stesso.

Per la Cassazione i ricorsi sono infondati. Per la Suprema Corte  “il giudice di secondo grado si è confrontato con gli esiti delle sentenze di assoluzione e ha appurato che gli elementi raccolti seppur insufficienti a fondare un giudizio di responsabilità, non compromettono l’originaria verifica di pericolosità sociale di Gaetano Iorio quale appartenente al clan dei Casalesi. E’ stato un imprenditore nel settore del calcestruzzo colluso col clan: attraverso la Iorio Costruzioni riusciva a imporsi come oligopolista prima con Bidognetti e poi con gli Schiavone e dominare nel redditizio settore come riferito dai collaboratori di giustizia che ricoprivano ruoli apicali nelle fazioni di appartenenza”.


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