Società

Sophie Kinsella: «Quando mi hanno diagnosticato il cancro, ho scoperto di essere molto più resiliente di quanto pensassi»

Due anni fa Sophie Kinsella, autrice di tanti bestseller, ha scoperto di avere un tumore al cervello incurabile e molto aggressivo. Qui racconta come ha imparato a vivere, sorridere e perfino ridere nonostante la diagnosi di cancro.

Se qualche anno fa mi avessero chiesto: «Come reagiresti se ti dicessero che hai un cancro incurabile?» sarei stata atterrita alla sola idea, e avrei risposto: «È naturale che mi scioglierei completamente in un mare di lacrime». E poi avrei toccato ferro per fare gli scongiuri, e assicurarmi che una cosa tanto terribile non sarebbe mai successa. Ma poi è successa per davvero. E ho imparato due cose: primo, che sono molto più resiliente di quanto pensassi, e secondo, che un cancro incurabile non deve rovinarti la vita. Devi semplicemente abituarti a un diverso modo di vivere.

Il mio viaggio è iniziato nell’autunno del 2022, mentre ero in convalescenza dopo un’operazione alla cistifellea. Ero ancora molto debole, perciò quando sono comparsi i primi sintomi del cancro non ci ho fatto caso, pensando che fossero ancora uno strascico dell’operazione. Il primo sintomo è stato la debolezza delle gambe. Ho iniziato a traballare e inciampare, e a tenermi ai mobili quando giravo per casa. Ritenevo che si trattasse di debilitazione post-operatoria e che dovessi ricominciare ad andare in palestra, ma poi la situazione è peggiorata. Mi venivano dei forti mal di testa, ero confusa, cominciavo a pendere di lato quando ero seduta, non riuscivo a stare in equilibrio.

È stato mio marito Henry a sospettare che ci fosse qualcosa di serio, e a chiedere al nostro medico di prescrivermi una TAC. In quel periodo abitavamo in campagna, e la TAC dovevo farla a Londra. Peggioravo così rapidamente che, anche se ero riuscita a salire in macchina per il viaggio, quando arrivammo a Londra, due ore dopo, non ero più in grado di camminare, e fu necessaria una sedia a rotelle. Ero anche così disorientata che non capivo cosa stesse succedendo. A un certo punto ho chiesto a Henry: «È tutto vero?».

Mi fecero la TAC immediatamente ma ero troppo confusa perché potessero parlarmi, perciò è toccato a Henry sentire la cattiva notizia: nel mio cervello c’era una massa e sospettavano potesse trattarsi di cancro. In quel momento, nessuno parlò di «glioblastoma». Questo avvenne in un secondo tempo. Mi diedero gli steroidi e mi prepararono all’operazione, che durò otto ore. Quando mi svegliai, ero ancora confusa, e avevo pochissima memoria a breve termine, perciò dovevano ripetermi continuamente che cosa stava succedendo. E una delle cose che dovettero ripetermi era che avevo il cancro.

Era una parola così scioccante che non riuscivo a pronunciarla ad alta voce. Il mio unico pensiero era: «Non posso avere il cancro, ho cinque figli». Al tempo, i nostri ragazzi avevano tra i 10 e i 25 anni, e io ero disperata. Avevano bisogno di una madre sana e forte, non malata di cancro. Ma non avevo scelta, e così ho iniziato il percorso di riabilitazione. Non potevo camminare, stare in equilibrio, muovere la testa, scrivere o riconoscere semplici oggetti, e ognuna di queste aree comportamentali richiedeva una specifica terapia. Essendo inglese, mi hanno anche insegnato daccapo come si prepara una tazza di tè.


Source link

articoli Correlati

Back to top button
Translate »