Sophie Auster – Milk for Ulcers
Sophie Auster, avvenente cantante statunitense, è nata e cresciuta in mezzo all’arte, immersa in stimoli creativi.
Figlia degli scrittori Paul Auster (scomparso un anno fa) e Siri Hustvedt, ha avuto modo negli anni di cimentarsi sia come attrice ma pure nel mondo della moda, assecondando infine la sua naturale propensione verso la musica, frequentando dapprima la scena jazz newyorchese.

Dall’esordio omonimo risalente al 2005, quando appena diciottenne rivisitava poesie di varia estrazione, la Auster ha messo in fila vari titoli, assestandosi infine su un convincente pop d’autore.
Tornata sulle scene col nuovo “Milk for Ulcers” si percepisce ora in maniera evidente un’artista più matura e consapevole, certamente segnata dagli eventi, come la dolorosa perdita dell’amato padre (a cui ha voluto dedicare l’intensa “Blue Team”, tra le vette dell’intera opera), ma desiderosa di tradurre in musica i suoi stati d’animo, quasi si trattasse di una terapia salvifica.
Non dobbiamo però pensare che questo sia un disco triste, tutt’altro, perché la cantante ha comunque optato per una soluzione sonora rassicurante, memore dei suoi lavori precedenti, con inoltre almeno un brano in cui si concede una divagazione simil-danzereccia (accade in “Heartbreak Telephone”).
A bilanciare tra l’altro l’umore della Nostra è giunta in corsa d’opera la meravigliosa notizia della maternità, accolta come un dono.
Che un album così profondo nei contenuti sia accompagnato da una lievità musicale di fondo può essere pure considerato un pregio, prerogativa non da tutti; a mancare è forse quella canzone con una spinta in più in grado di innalzare tutto il lavoro, che tuttavia già per come si presenta merita un’ampia sufficienza.
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