Politica

“So’ ragazzi, fanno le bravate”. Eh no, basta giustificare questa generazione dell’impotenza!

di Claudia de Bari (insegnante)

È proprio la generazione dell‘impotenza questa. C’è poco da fare. Passiamo le giornate ad inorridire davanti a genocidi di massa, guerre più o meno vicine e la serpeggiante ed endemica indifferenza ‘nel nostro prossimo’, verso tutto o quasi. Ma cosa possiamo fare riguardo lo sterminio dei palestinesi o degli ucraini, se non solo empaticamente partecipare e contorcerci sulla sedia?! Invece, a casa nostra, sul posto di lavoro, nei luoghi che frequentiamo stiamo cercando di fare la differenza? Siamo davvero così inermi davanti alla superficialità, all’arroganza, alla maleducazione, alla violenza gratuita, alla mancanza di etica, morale o integrità?

È vero, c’è un mondo che cade a pezzi e ci sono temi che vanno automaticamente in secondo piano. Ecco l’errore! Non dovrebbero, non devono scendere sul podio dell’importanza perché è questa la società tremenda che crea il presente che viviamo e soprattutto il futuro che ci attende.

Sto cercando da tempo di riconciliarmi con l’idea che esista ancora una speranza per le nuove generazioni, sempre che non scoppi la III guerra mondiale. E sono giorni che ripenso alla notizia di alcuni studenti del rinomato liceo barese Scacchi che hanno festeggiato l’ultimo giorno “della buona scuola” riempiendo di petardi le viscere di galline e pesci – si spera già morti – per farli saltare in aria. Giuro che ancora non riesco a digerire questa notizia.

Da docente posso testimoniare di aver assistito a diverse situazioni al limite della comprensione costituzionale ma la china sembra discendente. Soprattutto alla luce di commenti tipo: so’ ragazzi, fanno le bravate, che poi eravamo anche noi così. Intendiamoci, non ho bei ricordi del mio liceo ma nonostante non fossimo propriamente dei Lords, non ci avvicinavamo nemmeno lontanamente a questo scempio.

Per dirne una, ieri 3:00 di notte dopo un’ora buona, mi decido ad uscire sul balcone per chiedere (e non urlare a parolacce come avrei voluto), a dei ragazzini nemmeno ventenni, muniti di macchinoni, radio accesa e tanta voglia di fare fiesta, di parlare quantomeno a bassa voce. Il risultato ve lo faccio immaginare. Alle 5, io e l’intero isolato fissavamo il soffitto.

Ma veniamo ai commenti dei genitori che sembrano disarmati davanti all’arroganza e alla maleducazione dei propri figli e che addossano in primis responsabilità alla scuola, alla società, allo stato, al fruttivendolo! Ma un minimo di autocritica?? Da chi può dipendere la saccenza, la superficialità, la mancanza di valori di un adolescente su cui ben poco si può fare ancora?! Dice che non sono sufficientemente valorizzati dalla società.

Io non ricordo che un mio professore mi abbia mai gratificata o premiata per qualcosa; i 9 o i 10 (adesso imprescindibili) non venivano nemmeno contemplati. Eppure studiavo, come mi rispondono spesso i genitori: “io lo vedo studiare…” come? Col cellulare in mano? Con GeminI? Come sta studiando la tua perla. No, perché ci sono le perle in queste buste piene di ceci, perle delicate, fragili e indifese davanti alla moltitudine di figli di papà vestiti di marca e ignoranti come le capre.

Ci sono quei ragazzi che chiedono l’educazione emotiva nelle scuole, invece del visore 3D, che ti ascoltano rapiti invece di rispondere ai messaggini. Ci sono, li vedo! Ma non sono la maggioranza e nemmeno una minoranza. E non sto parlando di geni della lampada intelligenti e fuori dal comune. Sto parlando di ragazzi sensibili ed attenti a ciò che li circonda. Figli di una educazione priva dal senso di colpa di un divorzio o di una assoluta mancanza fisica o emotiva. Assolutamente. Questo è un discorso moooolto ampio e noi siamo umani, tutti. Genitori, figli e anche docenti.

Siamo fallibili e incerti e confusi ma nondimeno colpevoli della rassegnazione, del “non ce la faccio; giro la testa dall’altra parte; passerà; qualcun altro se ne occuperà”. Siamo colpevoli di aver semplificato e giustificato passaggi essenziali, di aver detto pochissimi NO, di aver dato troppo e troppo in fretta, perché non abbiamo cercato gli strumenti per contrastare una pressione sociale crescente e sempre più vuota.

Quando è iniziato il declino dell’indulgenza? Quando abbiamo perso di vista l’importanza di insegnare il rispetto prima ancora di avere il diritto di rispondere, soprattutto su questioni di cui si ignora tutto. Dall’avvento dei telefonini e di internet? Sicuramente hanno avuto un ruolo cruciale, così come quello stramaledetto Covid che viene menzionato come parafulmine per lacune di ogni genere. Ma basta! E basta con sti cuoricini, la comprensione della loro difficile età! Nemmeno fossimo in guerra! Quale comprensione ancora necessitano! Dobbiamo promuoverli tutti, comprendere che non sanno esprimersi se non per chiedere qualcosa all’AI, capire che sono tempi troppo veloci e complicati. Per favore, torniamo indietro, iniziamo una cura, prendiamo una pillolina di Viagra. Togliamo prima di dare, pretendiamo la disciplina prima di concedere, il rispetto dimostrato e compreso prima di dare libertà ancorché impensabili fino a qualche anno fa.

Non tutti abbiamo il diritto di parlare di tutto e i social, primi in classifica, sono un grande buco nero in cui veniamo risucchiati dalla vacuità delle parole e delle immagini che scorrono in pochi secondi. Non possiamo più ignorare quello che sta capitando alla nostra società “CIVILE”, quella a portata di mano, della quale conosciamo pregi e difetti. Non possiamo più affondare il sedere nel divano puntando il dito verso qualcun altro. Non sto dicendo che quello che è poco più lontano da noi non deve interessarci anzi sto dicendo il contrario, che dobbiamo partire dalla ricostruzione della società vicina e palpabile per poter comprendere gli errori e gli orrori che osserviamo fuori confine.

So… good fight and good luck.


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