Cultura

Snapped Ankles – Hard Times Furious Dancing

Il quinto album dei londinesi Snapped Ankles costruisce un post-punk elettronico che nella sua natura dance non potrà che dare il meglio dal vivo.

Credit: Louise Mason

Immaginate di essere andati ad un festival e che si appresti a salire sul palco una band di cui non sai nulla, solo il nome appena detto dal presentatore: “Snapped Ankles“. Senza capire bene vedi spuntare quattro sciamani: pelose fronde verdi e bianche li coprono dalla testa ai piedi. A quel punto qualcuno già potrebbe pensare agli Ent o a qualche rito pagano. Poi vedi che a parte il batterista anche il cantante tiene una bacchetta in una mano, con cui inizia a dare colpetti all’asta del microfono, asta su cui è stata impiantato un tronco che ora ne è l’effettivo corpo. E da quei colpetti escono note come di sintetizzatore: è il cosiddetto log synth (ognuno dei quali è fatto in casa da loro). Di lì in poi tutto diventa un punk elettronico e tribale in cui ogni canzone si allaccia all’altra per la loro ritmica danzereccia e primordiale. Alla quinta produzione i quattro, che rimangono nell’anonimato, sanno ormai destreggiarsi nel mondo post-punk e new wave di maestri come Talking Heads e Devo, mantenendo nei testi la consapevolezza dei problemi del mondo moderno: prendi la precarietà economica descritta in “Pay The Rent” oppure la resistenza in un mondo che costringe a sopravvivere d’inverno in inverno in “Closely Observed”, che ricorda nella sua atmosfera sospesa i Depeche Mode di “Waiting for the Night”. Certe frenesie ritmiche ricordano il krautrock dei Can e spesso le chitarre rimandano al glam rock del primo Brian Eno. La musica e l’immaginario dei quattro londinesi sembra intrappolata tra passato e futuro: ecologismo e rave, approccio punk e originalità. Il bel titolo dell’album è preso da una poesia della scrittrice Alice Walker, e non potrebbe descrivere meglio la sensazione che la band ha prodotto con questo lavoro.

La volontà della band sembra quella di riunire quante più persone possibile e farle ballare, liberarli, facendogli dimenticare che vivono in un mondo che, come canta Austin in “Personal Responsibilities”, va sempre più alla deriva verso un destino da cui è meglio salvarsi.


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