Slovenia, la polizia finisce nel mirino: «Presidente del Parlamento spiata»
Un’altra grana. Anzi, una bomba che potrebbe essere difficile disinnescare. È quella – con potenziali rilevanti implicazioni su politica e sicurezza nazionale – che è stata attivata in Slovenia e potrebbe creare problemi non da poco al governo del premier Robert Golob.
Riguarda il “Centro per la protezione e la sicurezza”, una unità speciale della polizia col compito di proteggere edifici istituzionali e personalità a rischio.
L’unità di élite è assurta agli onori delle cronache – con connotati negativi – giorni fa, quando il ministro degli Interni sloveno Boštjan Poklukar ha pubblicamente svelato – senza però dettagli – che le autorità di Lubiana avevano individuato «irregolarità» nell’operato del Centro. Successivamente è emerso che un’inchiesta sull’unità speciale di polizia era stata avviata dopo che una procuratrice, incaricata di occuparsi di un delicato faldone relativo al cartello della droga montenegrino dei Kavac, aveva rifiutato la protezione degli agenti del Centro denunciando di essersi sentita non protetta, ma «spiata» da membri della sua scorta, ha informato l’agenzia di stampa slovena Sta.
Forse aveva ragione, perché lo stesso Golob aveva ammesso che la magistrata «si era sentita controllata piuttosto che protetta», sospettando che «informazioni» riservatissime fossero state carpite da agenti non fedeli.
Ora, la commissione parlamentare di vigilanza sull’intelligence ha evocato l’altro giorno «gravi abusi» nell’operato dell’unità sotto la lente d’ingrandimento, con il presidente del comitato, Viktor Zakelj, di Nuova Slovenia (opposizione), che ha sostenuto cripticamente che «il marcio arriva fino alla testa».
Sarebbe questa la conclusione più logica basata sulle testimonianze di un ex agente dell’unità, che davanti alla commissione ha confermato l’esistenza di una «pratica abituale» da parte di membri del Centro di «abusare» dei metodi di copertura per raggiungere i «propri obiettivi», anche grazie alla presunta inazione e complicità degli apparati di potere.
Accuse pesantissime, che ora saranno trasferite «alla magistratura», ha anticipato Zakelj, parlando di sospetti di «illegalità nell’operato della polizia» e di pesanti carenze «nei meccanismi di controllo interni». E accusando il premier di avere evitato di prendere severe decisioni per fare un repulisti, con l’unico fine «di salvarsi».
Ma intanto il Tv show “Tarca” ha sostenuto che non solo la procuratrice, ma anche la presidente dell’Assemblea nazionale, Urska Klakocar Zupancic, sarebbe stata spiata da agenti infedeli per carpire informazioni sulla sua vita privata. E che un pentito del clan Kavac, poi ucciso, non sarebbe stato adeguatamente protetto.
Solo mele marce o qualcosa di più? In ogni caso, «tutti i campanelli d’allarme devono risuonare», ha affermato l’Sds dell’ex premier Janez Janša, che ha chiesto dimissioni, subito. Di chi? Intanto «del ministro Poklukar» e del capo della polizia, ha suggerito da parte sua Nuova Slovenia.
Ma anche nella maggioranza c’è maretta, con i Socialdemocratici che hanno assicurato che Poklukar, su cui pende la spada di Damocle di una mozione di sfiducia, «non ha un assegno in bianco» e dovrà rispondere in Parlamento, mentre la sinistra di Levica si è detta «molto preoccupata» per la brutta vicenda.
Nel frattempo la Direzione generale della Polizia ha difeso l’operato degli agenti e respinto ogni accusa nei loro confronti e negando i presunti abusi. E Poklukar ha ordinato una «riorganizzazione» dell’unità sotto accusa. —
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