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Siria, il premier ad interim: “Tornino i profughi”. Khamenei accusa Usa e Israele


Siria, il premier ad interim: "Tornino i profughi". Khamenei accusa Usa e Israele

La “nuova” Siria cerca di darsi un’impostazione coerente e ordinata dopo anni di caos e la caduta repentina del regime di Assad. Mohammed Al Bashir, il nuovo premier ad interim ha rilasciato al Corriere della Sera la sua prima intervista a un media occidentale, per raccontare il passaggio di consegne – sedicente incruento – tra il regime e il futuro.

Le parole di Al Bashir

Quarantadue anni, abbigliato in grisaglia da leader europeo, Al Bashir conferma un “clima di collaborazione” in un Paese che eredita un’amministrazione farraginosa e corrotta. “In fondo il regime si è divorato da solo, ma nel frattempo la gente viveva male“, dichiara il leader. Fino a marzo 2025, data limite che il governo a interim si è dato, promette assieme agli altri di risanare un Paese dilaniato, casse comprese: nelle casse siriane restano solo sterline locali che valgono poco o niente. Zero valuta estera e per quanto riguarda prestiti e obbligazioni i dati sono ancora incerti. Servirebbe un miracolo e non appena quattro mesi.

Quanto alla sicurezza interna, ora è il momento delle epurazioni degli elementi del vecchio regime. Il “collega” Al Jolani ha diramato 160 taglie per criminali di guerra del regime di Assad, efferati autori di crimini prima e durante la rivoluzione. Assieme ad Al Bashir l’obiettivo è a triade strategica sicurezza-profughi-pianificazione. Tre passaggi che serviranno a rimettere in piedi una terra senza pace dal 2011: con la prima frase si cercherà di pacificare il territorio mettendolo in sicurezza e ristabilire la rule of law; la seconda mira a far rimpatriare i profughi e con il loro know how provare a ricostruire un tessuto sociale ed economico che ormai è sgretolato; l’ultima fase, invece, guarderà oltre per pianificare il futuro siriano. Il ministro tuttavia, latita sulle questioni scottanti: la deriva islamista, da un lato, e la possibilità di fare pace con Israele e l’ostilità con Iran, Hezbollah e Russia. Su questi punti Al Bashir resta laconico e poi lascia i microfoni.

Al Jolani promette la “ricostruzione”

La Siria ha bisogno degli sforzi di tutto il suo popolo nel prossimo periodo“, durante la transizione dall’amministrazione della Siria da parte del governo di al-Assad. Lo ha detto un portavoce del Dipartimento degli Affari Politici di Damasco, come riportato da Al Jazeera Arabic. “La rivoluzione ha molti quadri” e la nuova amministrazione non li ignorerà, ha spiegato. “Non accettiamo una Siria divisa, e tutti devono prepararsi al cambiamento che si è verificato. Non ci sarà spazio per portare armi fuori dallo Stato“, ha aggiunto. Intanto, i ribelli siriani-che continuiamo a chiamre tali per convenzione ma che ribelli non sono-hanno annunciato di aver preso la città di Deir Ezzor, nell’est del paese. L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha segnalato che le forze curde si erano ritirate verso le città circostanti, prima della presa del potere da parte dei combattenti arabi locali che si sono uniti alle fila dei miliziani Hts dopo la loro offensiva lampo lanciata il 27 novembre.

Al Jolani, intanto, mentre gioca a fare il quaedista pentito e à la page, indugiando in look castristi, prova a rassicurare l’Occidente: intervistato da SkyNews, sostiene che i timori del passato erano giustificati perchè il Paese era governato dal regime di Assad e dai suoi sostenitori russi e iraniani “colonizzatori“, ha detto Jolani. Ma oggi quel tempo è finito. Ma soprattutto promette la “ricostruzione“. “Le loro paure sono inutili, se Dio vuole. La paura derivava dalla presenza del regime di Assad. Il paese si sta muovendo verso lo sviluppo e la ricostruzione. Sta andando verso la stabilità. La gente è esausta per la guerra. Quindi il paese non è pronto per un’altra guerra e non ci entrerà. La fonte delle nostre paure proveniva dalle milizie iraniane, da Hezbollah e dal regime che ha commesso i massacri a cui stiamo assistendo oggi. Quindi la loro rimozione è la soluzione per la Siria. La situazione attuale non permetterà un ritorno al panico“, ha chiarito.

Iran ed Hezbollah non ci stanno. Mosca osserva

A Teheran non ci stanno. E tra le fila di Hezbollah nemmeno. La Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, ritiene che quello che è successo in Siria è frutto di un piano congiunto tra Israele e Usa. “Un paese vicino ha avuto un ruolo nel rovesciamento di Assad”, ha tuonato Khamenei. E gioca a seminare il panico: per l’intelligence iraniana “in questo momento i terroristi si stanno preparando ad attaccare l’Iraq. C’è un campo americano nella Siria settentrionale dove 11.000 membri dell’Isis e le loro famiglie sono stati addestrati negli ultimi quattro anni ed è probabile che nei prossimi mesi attaccheranno Mosul o Tikrit in Iraq“: lo ha dichiarato in un post su X il generale Mohsen Rezai, ex comandante delle guardie della rivoluzione iraniana e attualmente segretario generale del Consiglio per il Discernimento dell’Iran.

Hezbollah, invece, ha affermato di auspicare che i nuovi governanti della Siria respingano “l’occupazione israeliana” della loro terra, pochi giorni dopo la caduta del presidente Assad. “Speriamo di vedere la Siria stabilizzarsi e assumere una posizione ferma contro l’occupazione israeliana, impedendo al contempo l’interferenza straniera nei suoi affari”, ha dichiarato l’organizzazione in una nota citata da Al Jazeera. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, invece, ha affermato che Mosca mantiene contatti con le forze che controllano la situazione in Siria. “Ora stiamo monitorando da vicino ciò che sta accadendo in Siria.


Sapete che noi, naturalmente, manteniamo i contatti con coloro che ora controllano la situazione
“, ha detto in un briefing citato da Interfax, “questo è necessario, perché le nostre basi si trovano lì, la nostra missione diplomatica si trova lì e, naturalmente, garantire la sicurezza delle nostre strutture è estremamente importante“.


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