Sirens, la recensione della miniserie Netflix
Se Gwyneth Paltrow avesse deciso di fondare una setta invece di vendere candele profumate, forse sarebbe stata molto simile a quella di Julianne Moore in Sirens: donne molto bionde e Wasp che vestono colori pastello, cerchietti, yoga e jogging sul mare, tracce di ricchezza ovunque. Sirens invece è una serie tv e nella serialità per parente ideale ha White Lotus, per via di quella satira sociale degli ultra ricchi molto in voga oggi e di quella cattiveria che ribolle sotto una superficie smaltata di sorrisi e ipocrisie assortite. Qui la narrazione si sposta decisamente sulle donne, con intrecci di potere, dipendenze emotive e un pizzico di soprannaturale che aggiunge un’ombra misteriosa. Sirens ha un sacco di difetti, ma ha quel magnetismo che fa restare incollati allo schermo fino alla fine.
Julianne Moore si mangia, come sempre, la scena con un’interpretazione gelida e affascinante, nei panni di Michaela, moglie di un miliardario (Kevin Bacon) che comanda un gruppo di adepte, tra cui la giovane assistente Simone, interpretata da Milly Alcock. Accanto a loro, Meghann Fahy (vista in Succession) nel ruolo di Devon, incasinata, punk ma dal cuore tenero, che accorre all’isola, regno di Michaela, a recuperare la sorella minore Simone.
Si ride molto dei ricchi ma si ride molto in generale in questa commedia nera. Ci sono battute esilaranti («E ora cosa cuciniamo per gli ospiti? In frigo c’è solo dell’Ozempic»), personaggi secondari comici, abitudini e tic grotteschi, lo sguardo ironico e sarcastico di Devon, che smaschera tutti. La trama ruota intorno a un mistero che poi si svelerà nel finale: che cosa combina davvero Michaela? È una sirena del titolo, che strega gli altri? O forse il richiamo del privilegio trascende questa bella signora cinica?
L’elemento soprannaturale, però, resta un po’ vago, un espediente che fatica a trovare un peso narrativo solido e che a volte appesantisce la trama. Eppure Sirens incanta come incantano le cose che luccicano di mondi lontani e irraggiungibili ma soprattutto incanta per gli intrecci e le dinamiche psicologiche tra i personaggi. L’inganno c’è e si vede solo alla fine.
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